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L’Enpaia è in Ottima salute.

Di Giorgio Piazza
Presidente Fondazione Enpaia

Nel 2018 aumentano le prestazioni (2,4%), gli iscritti (2,8%) e il numero delle donne che rappresentano il 73% delle nuove iscrizioni. Positiva anche la dinamica delle imprese che crescono del 2%  passando da 8.135 a 8.300     + link

Sono cifre lusinghiere quelle del 2018 per Enpaia sia per quanto riguarda il numero degli iscritti sia per l’ammontare del Fondo per il Trattamento di Fine Rapporto.

In particolare, i primi sono aumentati del 2,8% rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 38.052 lavoratori iscritti alla gestione ordinaria; mentre Il Fondo per il TFR ha erogato prestazioni per quasi 73 milioni di euro chiudendo il 2018 con un consuntivo di 835.342.401 euro, in crescita del 2,4% sul 2017.

L’Agricoltura sta cambiando, l’occupazione in questo settore sta aumentando, facendo riscontrare da anni  un “trend” positivo.

E la prospettiva dell’agroalimentare italiano è quella di arrivare nell’arco di un breve lasso di tempo a 50 miliardi di Euro di export;

Sulla crescita di “export” sicuramente il vino fa la sua parte e naturalmente il valore che viene conteggiato è sicuramente di grande peso per l’economia Italiana con oltre 6 miliardi di controvalore.

L’agricoltura Italiana si presenta dunque come iper moderna perché il nostro è il primo paese in Europa, secondo o terzo al mondo per  coltivazioni col metodo biologico, un salto di qualità dovuto soprattutto due figure di imprenditori:

  • i giovani che sono in grande crescita (in Veneto ad esempio, nell’ultima pianificazione del piano di sviluppo rurale quasi 5 mila nuove imprese sono nate da persone sotto i quaranta anni);
  • e soprattutto le donne, poiché oltre un terzo delle imprese ormai parlano al femminile, costituiscono un punto di orgoglio nel nostro paese anche nell’agricoltura biologica che va al passo coi tempi.

 

Nei dati di Enpaia si rispecchia questo trend: nel corso del 2018 il divario di genere che caratterizza la popolazione dell’Ente, che vede attualmente il 55% di iscritti uomini, si è ristretto poiché il 73% delle nuove iscrizioni è rappresentato da donne.

Dalla distribuzione geografica degli iscritti emerge poi come le regioni dove si concentra il maggior numero di aderenti siano, nell’ordine, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana e Lombardia.

Altro dato importante e di cui bisogna tener conto è che il 56% degli iscritti ha una età compresa tra 30 e 50 anni, il 33% superiore a 50 anni e il rimanente 11% meno di 30 anni.

Nel corso del 2018 è risultata essere positiva anche la dinamica delle imprese operanti nel comparto: si è infatti passati dalle 8135 aziende attive a fine dicembre 2017 alle 8300 alla fine dello scorso anno, con una crescita del 2%. A fine 2018 le gestioni ordinarie di Enpaia hanno fatto registrare una situazione positiva.

A fronte del trend positivo di crescita emerge l’opportunità per Enpaia di svolgere un ruolo da protagonista nel sistema agricolo ponendo al centro i bisogni dei lavoratori e le necessità finanziare delle aziende agricole.

Perciò abbiamo deciso di fare investimenti in economia reale sostenibile, ad esempio attraverso il trust di “Finance for food” del gruppo Azimut che investe in piccole imprese dell’agroalimentare italiano.

Oggi più che mai, appaiono fondamentali investimenti ambientalmente sostenibili che recuperino forme di agricoltura più naturali, meno legate alla chimica dei concimi ed ai prodotti di sintesi.

Ma un’altra priorità è l’aiuto alle aziende che si stanno convertendo al biologico. Infatti l’Italia vanta un record europeo con i suoi  cinquantamila imprenditori “biologici” ed è interessante notare come molti giovani si stiano avvicinando all’agricoltura percorrendo questa strada.

La tendenza emersa, anche dal forum di Cernobbio di Coldiretti, è quella di insistere nel sostenere il made in Italy, in particolare chiedendo che l’origine dei prodotti venga inserita nell’etichetta.

Un altro passaggio importante è  togliere i dazi americani sui prodotti agroalimentari Made in Italy  entrati in vigore il 18 ottobre e che secondo Coldiretti influiranno con un calo delle vendite del 20%.

Dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano fino al Gorgonzola, ma anche salumi, agrumi, succhi e liquori: nella black list degli Usa ci sono beni alimentari per un valore delle esportazioni di circa mezzo miliardo di euro. Il dazio per il Parmigiano Reggiano e per il Grana Padano ad esempio passa dagli attuali 2,15 dollari al chilo a circa 6 dollari al chilo.

Un altro passaggio importante è togliere i dazi americani sui formaggi per evitare il fenomeno della contraffazione, come avviene ad esempio con il Parmesan che da solo ci ‘ruba’ 100 miliardi di dollari.

Anche per tale ragione chiediamo alle istituzioni di condividere e supportare i nostri sforzi predisponendo un quadro normativo e fiscale adeguato alle sfide del futuro”.