
L’epidemia Covid-19 come tempo di riflessione e ritorno alla propria interiorità
Roma (25 marzo 2020) La saggezza, nel tempo di emergenza sanitaria, spinge a un ritorno alla propria interiorità, che sembra essere il più potente farmaco contro i virus di paure, stupidaggini, cattiverie, invidie ed egoismi.
In questi giorni, diciamo e scriviamo spesso che dopo il coranavirus niente sarà più lo stesso. Tutto sta cambiando: relazioni personali, politica, economia, Europa, globalizzazione e persino l’approccio alla religione e al soprannaturale.
Le crisi, spesso, svelano il meglio di una comunità nazionale: si pensi oggi al sacrificio di medici, infermieri, operatori sanitari, membri delle istituzioni pubbliche, forze dell’ordine, protezione civile, operai, semplici cittadine e cittadini che contribuiscono come e dove possono. Ma le crisi, a volte, svelano anche il peggio di noi stessi e della nostra società. Si pensi agli sciacalli di questi giorni: sciacalli politici che approfittano della disgrazia per fare i bulli in Tv e carpire consensi, promettono collaborazione e dieci minuti dopo dicono il contrario oppure sono sempre in Tv a lamentarsi, invece di fare il proprio dovere; sciacalli mediatici che diffondo idiozie e falsità; sciacalli economici che incrementano affari sulla pelle dei cittadini (dalle mascherine alle attrezzature sanitarie) o speculano in borsa; sciacalli che diseducano con atteggiamenti riprovevoli; sciacalli religiosi che predicano eresie e stupidaggini su presunte punizioni divine e apocalisse alle porte. La lista potrebbe continuare. Ma non è il caso.
Un mondo nuovo, dopo il coronavirus, deve nascere non domani, ma oggi. E l’interiorità è la sua strada maestra, la strada del cuore, l’unica possibile.
“Ogni persona al mondo sta partecipando a questo dramma. Nessuno – scrive David Grossman – ne è esente. Non c’è nessuno la cui intensità di partecipazione sia inferiore a quella degli altri. Da un lato, a causa della natura del massacro di massa, i morti che non conosciamo – prosegue lo scrittore israeliano – sono solo un numero, sono anonimi, senza volto. Ma d’altro canto, quando guardiamo oggi coloro che ci sono vicini, i nostri cari, sentiamo quanto ogni persona sia un’intera cultura, infinita, la cui scomparsa allontanerebbe dal mondo qualcuno che sarà ora e sempre insostituibile. L’unicità di ogni persona si fa sentire improvvisamente a gran voce partendo dal profondo, e proprio come l’amore ci porta a distinguere una persona dalle masse che scorrono attraverso la nostra vita, ora vediamo che anche la consapevolezza della morte ci porta a farlo.
E che sia benedetto l’umorismo, il modo migliore per resistere a tutto questo. Se riusciamo a ridere del coronavirus, in realtà stiamo dicendo che non ci ha ancora portati alla paralisi totale. Che dentro di noi c’è ancora libertà di movimento nell’affrontarlo. Che stiamo continuando a combatterlo e che non siamo solo la sua vittima indifesa, ma abbiamo inventato un modo per aggirare l’orrore di tale consapevolezza.
Per molti, l’epidemia potrebbe diventare l’evento fatale e formativo nel prosieguo della loro vita. Quando finalmente finirà e le persone usciranno dalle proprie case dopo una lunga chiusura, si potrebbero presentare possibilità nuove e sorprendenti: forse aver toccato le fondamenta dell’esistenza promuoverà tutto questo.
“Non temete i momenti difficili – diceva Rita Levi Montalcini – , il meglio viene da lì”.
L’atto stesso di esercitare la speranza e l’immaginazione, dal profondo della disperazione e della paura che ora prevalgono, ha una forza propria. L’immaginazione non può solo vedere il destino, può anche sostenere la libertà della mente. In tempi paralizzanti come questi, l’immaginazione è come un’ancora che gettiamo dal profondo della disperazione verso il futuro, verso la quale iniziamo a spingerci. La capacità stessa d’immaginare una situazione migliore significa che non abbiamo ancora permesso all’epidemia e allo sgomento che provoca, di razionalizzare tutto il nostro essere.
Chiudo con le parole di Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta: “L’uomo, nel corso della storia ha saputo fare cose straordinarie. Ha imparato a vincere malattie ben più terribili, ha inventato missili che possono portarci sulla luna, ha scoperto come trasformare la luce del sole in energia che fa accendere la luce di notte nelle nostre case, quando fuori c’è il buio. La paura ci fa vedere tutto buio e cupo. Ma tu non perderti nel buio. Affidati al lavoro di milioni di persone che oggi stanno lavorando e combattendo per vincere la battaglia contro il coronavirus. Impara a immaginarle tutte insieme. Un esercito infinito di milioni di uomini e donne – medici, ricercatori, scienziati, infermieri, forze dell’ordine – contro un invisibile microscopico virus. Ce la faremo, vedrai, ce la faremo.”
A.C.