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Le icone della speranza al tempo del coronavirus

Roma (28 marzo 2020) Ha occupato i titoli di apertura dei maggiori quotidiani italiani (anche quelli più laici, come Repubblica e Manifesto) del giorno dopo, accompagnata dal richiamo di spalla al nuovo videomessaggio del Capo dello Stato. La preghiera in tempo di epidemia di papa Francesco del 27 marzo è stata davvero straordinaria. I fedeli vi hanno trovato la Parola di vita eterna, l’abbandono mistico, la consolazione della contemplazione. Ma anche i non credenti tra i telespettatori (un terzo delle tv degli italiani accese a quell’ora erano sintonizzate su piazza San Pietro) hanno vissuto un’emozione fortissima per la potenza delle immagini: il pontefice che attraversava solo, sotto la pioggia, il centro della cattolicità; il fiatone all’inizio della preghiera; la zoppia che lo ha portato in orazione davanti all’icona di Maria Salus Populi Romani e al Crocefisso della chiesa di San Marcello, anch’essi costellati di gocce. E poi la benedizione con il Santissimo Sacramento, l’indulgenza plenaria concessa a una piazza vuota, a una città ferma, a un mondo sospeso. Il suono delle campane mischiato a quello delle sirene, voci di Dio e di uomini chiamati a farsi coraggio.

Sempre le televisioni hanno poi trasmesso il messaggio del Presidente della Repubblica: frasi cariche di riconoscenza per chi opera a ogni livello per il bene comune, di dolore per le vittime e i familiari, di incoraggiamento alla responsabilità.

Ecco, le icone della speranza, dell’umanità, della fiducia in tempo di Coronavirus sono due anziani cattolici come Sergio Mattarella e papa Francesco.
Perché costituiscono il deposito di una fraternità (e una paternità) solidale che è il cemento della comunità. La saggezza dei capelli bianchi, la pacatezza della voce, la sobrietà e la sincerità delle parole, la familiarità fragile trasmessa dagli sguardi, ma pure dalla figura tutta, nell’incedere claudicante o nella spettinatura poco telegenica: sono le immagini di una vecchiaia che ha acquisito sapienza dagli anni, che sa condividere le sofferenze e le attese di uomini e donne, adulti e ragazzi, cercando con loro risposte di senso e forza per affrontare la tempesta.
Di fronte alla canea di cosiddetti leader forti ecco che l’autorevolezza leggera dei testimoni della fede (in Dio, certo, ma prima ancora nelle persone) può aiutarci a trovare le risorse per salvarci. Insieme.

Pierluigi Vito