
Confcooperative: imprese e lavoro alla prova della lockdown economy
Roma (8 aprile 2020) – “Noi facciamo lavorare, noi abbiamo bisogno di lavorare”. Ad affermarlo è il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini criticando quanti preferiscono il reddito di cittadinanza al lavoro nei campi.
Gardini ribadisce che gli ammortizzatori sociali sono importanti, ma che il tema vero – aggiunge – è rimettere in moto l’economia e le imprese e al riguardo auspica, pur nel rispetto di norme sanitarie rigorose, la pronta riapertura delle attività economiche.
La chiusura delle attività commerciali fino a maggio 2020 e un ritorno alla normalità entro i due mesi successivi genera infatti non poche apprensioni. Dal rapporto Censis/Confcooperative sugli effetti della pandemia coronavirus sull’economia italiana, fa notare Gardini, emerge che ci vorranno due anni “prima di poter ritornare ai livelli di Pil e di crescita stimata fino allo scorso gennaio”. In un contesto di lockdown economy, praticamente di economia in quarantena a causa delle restrizioni imposte dal governo per evitare il diffondersi del virus, il motore produttivo sta lavorando “al 60% del proprio potenziale”, situazione che “innesca una catena di effetti dirompente in termini di reddito, di domanda interna, di sostenibilità economica, in cui il fattore tempo (la durata della sospensione) diventa la variabile fondamentale per capire le conseguenze su un sistema economico e sociale sottoposto a uno stress test che nessuna recessione nel passato aveva mai fatto sperimentare”. Lo stop alle attività produttive, numeri in mano, “ha prodotto un impatto che, in termini di fatturato, ha riguardato 660 miliardi di euro nell’ambito dei servizi e 91 miliardi nelle costruzioni, mentre per le imprese dell’industria in senso stretto la restrizione ha avuto effetto su 570 miliardi”.
La dimensione economica del lockdown, valutata 1.321 miliardi di euro, “corrisponde al 42,4% del totale del fatturato dell’Industria e dei Servizi che complessivamente supera i 3.115 miliardi di euro”. Il presidente di Confcooperative vede tuttavia anche qualche elemento positivo in questa situazione di emergenza sanitaria ed economica: “Nonostante tutto – dice Gardini – va visto il bicchiere mezzo pieno, perché le giuste misure di contenimento del coronarivus non hanno bloccato l’intera economia. Poco più della metà delle imprese e dei suoi lavoratori non si sono fermati. In qualche modo la fase 2 parte da qui, ma – aggiunge – va alimentata con coraggio e decisione. Vanno tenuti accesi i motori del sistema imprenditoriale per consentire la ripartenza appena sarà possibile e cercare il rimbalzo necessario per il nostro PIL. In caso contrario rischiamo di uscire da questo lockdown lasciando sul tappeto almeno il 20% delle imprese, poco meno di 1 milione di pmi, con conseguenze indescrivibili in termini di fatturato, occupazione e tenuta sociale del Paese”.
Posta l’emergenza sanitaria, per il numero uno di Confcooperative, sono due i fronti su cui lavorare: quello europeo e quello italiano. “Partiamo da casa nostra, il tema prioritario – afferma Gardini – è il credito. Occorrono meccanismi che garantiscano liquidità immediata a tutte le imprese che, dalle più piccole alle più grandi, sono in difficoltà. Per l’export, ad esempio, è a rischio un valore di 280 miliardi pari al 65,8% del valore complessivo. Ecco perché le misure del governo devono consentire alle banche di essere immediatamente operative con istruttorie con tempi record, degne dei periodi di emergenza, superando il cronico problema della burocrazia che rallenta ogni processo.
E a proposito di liquidità, vanno saldati tutti i debiti della P.A: “Siamo maglia nera in Europa – sottolinea il presidente di Confcooperative – è il minimo che si possa fare, considerando i 53 miliardi dovuti dallo Stato alle imprese che non possono continuare a fare da cassa allo Stato e agli Enti locali. Solo le cooperative sociali e quelle di produzione lavoro e servizi hanno crediti per circa 2 miliardi di euro. Questa – aggiunge – è una sfida che si può vincere solo con l’Europa che in caso di sconfitta rischia molto più di una grave depressione economica, rischia di veder morire il sogno chiamato Europa. E qui – prosegue Gardini – arriviamo al secondo fronte. Da questo shock epocale usciremo vincitori solo con un’Europa unita e solidale. Perciò è indispensabile l’emissione di bond europei che non pesino sul debito dei singoli paesi e siano finalizzati a supportare le economie degli stati membri”. Perciò, sostiene Gardini , occorre “trovare una condivisone di azioni, perché pensare di applicare il Mes è un aberrazione”.
Finita la crisi, secondo Gardini, “ci sarà più attenzione al cibo, al nostro Paese e alla riscoperta delle sue bellezze. E speriamo che ci siano incentivi in tale direzione” anche per il turismo. Molto importante, poi, sarà rimettere in moto gli appalti pubblici e le infrastrutture, poiché – conclude il presidente di Confcooperative – in questa emergenza “ci siamo scontrati con debolezze infrastrutturali” che richiedono un aumento della spesa pubblica per investimenti.
Alessia Capeccioni