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Covid-19, cosa cambierà dopo la pandemia

Roma (20 aprile 2020) – L’unica certezza di questi tempi senza certezze è che il 2020 cambierà per sempre le nostre vite, le nostre abitudini, la nostra quotidianità.

A partire dall’emanazione del decreto #IoRestoaCasa da parte del Consiglio dei Ministri in materia di spostamento delle persone fisiche all’interno del territorio nazionale, si è prodotto un cambiamento improvviso e radicale delle abitudini e degli stili di vita della popolazione con una drastica riduzione di ogni forma di socialità, mutamenti nell’interazione sociale e nella tenuta e organizzazione del lavoro.

L’osservatorio “Mutamenti Sociali in Atto-COVID19” (MSA-COVID19) è un progetto del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-Irpps) che indaga su atteggiamenti e comportamenti della popolazione nell’emergenza COVID19 in relazione al “distanziamento sociale”. Mediante un sondaggio diffuso su scala nazionale, esplora e analizza gli effetti psico-sociali della contrazione dell’interazione, della prolungata convivenza tra le mura domestiche e del distanziamento sociale dovuti all’emergenza COVID-19.

I primi risultati dello studio forniscono informazioni circa la condizione abitativa, relazionale e lavorativa, analizzando nello specifico le attività quotidiane, l’uso di internet e l’iperconnessione, la violenza domestica, la fiducia sistemica e gli stati psicologici. Il 73,1% degli interpellati ha in questo momento un partner, con cui convive per il 56,7%, a fronte del 13% di persone che abitano sole. Circa la metà degli intervistati vive con almeno 2 o 3 persone. Il 49,3% è impiegato a tempo pieno e per il 24,9% dei soggetti l’attività lavorativa è sospesa. Tra i rimanenti lavoratori, il 23,4% opera in smart working e il 10,8% si reca sul posto di lavoro. Circa 4 persone su 10 prevedono di andare incontro a gravi perdite economiche, più di una su 10 di perdere il lavoro o la propria attività, e due su 10 di andare in cassa integrazione. Il titolo di studio risulta un importante salvagente della tenuta lavorativa. Il rischio di non riuscire a far fronte anche alle esigenze alimentari nei prossimi giorni è concreto per circa 3 persone su 10, soprattutto nel centro e sud Italia.

Il rapporto evidenzia poi un’elevata quota di incertezza per il futuro, che riguarda in particolare le donne (il 44,9% contro il 31,1% degli uomini) e chi possiede un titolo di studio medio-basso. Ma emergono anche condizioni di disagio connesse all’assenza dell’interazione sociale, l’aumento di stati depressivi, disturbi di tipo alimentare e legati all’abuso del sistema digitale e dell’alcool. Sui minori di 12 anni, in particolare, il distanziamento sta producendo un disagio dovuto al distacco da amici e nonni (rispettivamente 64,5% e 47,5%) e un incremento di utilizzo di internet a scopo ricreativo e di comunicazione (rispettivamente 33,5% e 19,2%).

Il distanziamento sociale, inoltre, sta precludendo ad un’enorme massa di persone la possibilità di relazionarsi nel mondo reale. La tecnologia, oggi più che mai, ci offre una possibilità irrinunciabile, quella di mantenere viva la nostra interazione mediante la comunicazione virtuale. Con internet non sarà infatti solo possibile dare continuità a molte attività lavorative e didattiche e diffondere le competenze digitali, ma ancor prima mantenere vivo il rapporto con l’altro. E si dovrà riflettere, infine, sulle effettive chance offerte dallo smart working, ora che in molti ci siamo resi conto che un nuovo modo di guardare al lavoro, alla produzione e alla sua organizzazione, esiste e funziona in molti settori produttivi, abbattendo costi e inquinamento, liberando tempo di vita ma soprattutto innalzando il livello di produttività.

Alessia Capeccioni