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Con il digitale l’innovazione diventa realtà. Lo smart working conviene all’azienda e fa bene al lavoro

Roma (28 aprile 2020)

L’emergenza Covid-19 ha cambiato le abitudini di tutti. Il consiglio quasi obbligato a restringere le relazioni sociali, la distanza di sicurezza di quasi 2 metri, la chiusura delle scuole e i figli a casa, la necessità per molte persone di lavorare dalla propria abitazione, hanno modificato la nostra vita quotidiana. Scatta così una nuova organizzazione aziendale, familiare e personale, cambiano i ritmi, la comunicazione tra colleghi, si improvvisano chat di interi reparti su whatsapp e altre piattaforme per la gestione del lavoro da remoto.

Digitale e innovazione possono rappresentare, se utilizzate nel modo giusto, risorse preziose per migliorare la vita di cittadini e imprese. Anche in questo contesto  di restrizione sociale, l’innovazione può dare il suo contributo, se non a ritrovare la normalità forzatamente perduta, almeno a trovare una quotidianità diversa nella quale non dover rinunciare a lavorare, a informarsi, a fare la spesa, alla propria socialità e, specie per i più piccoli, al gioco, alla formazione e all’istruzione.

Partendo da questa considerazione, la Workitech – società che si occupa di progettazione di spazi di lavoro, smart working e change management – propone il progetto #Fase2 che mette a disposizione di aziende e istituzioni un primo vademecum gratuito di linee guida sviluppate grazie ad alcuni dei principali esperti di trasformazione aziendale in Italia. Ripensare gli spazi di lavoro, gestire la salute e la sicurezza delle risorse umane, organizzare i trasporti: sono solo alcune delle sfide con cui si devono confrontare le aziende che intendono riavviare le proprie attività nella Fase 2. Un panorama estremamente complesso che richiede un approccio innovativo.

Un approccio sistemico, per affrontare la riorganizzazione aziendale, che muove da una considerazione fondamentale: gli aspetti della vita aziendale in gioco sono molti, in settori diversi e tutti collegati fra loro. Per questo motivo è indispensabile un approccio che, coinvolgendo esperti con formazioni professionali differenti, consideri l’azienda come un sistema interconnesso. Consapevoli del momento di difficoltà, gli esperti di #Fase2 mettono a disposizione di tutte le realtà che ne faranno richiesta alcune linee guida gratuite per iniziare ad affrontare i cambiamenti necessari.

“Il coronavirus sta dimostrando alle aziende che intervenire sui singoli problemi non è più sufficiente. Occorre analizzarli e risolverli in una logica di sistema se si vuole superare indenni questo momento che è critico da diversi punti di vista: sanitario, sociale, organizzativo ed economico. Ripartire è indispensabile, ma con un passo diverso” spiega Luca Brusamolino, uno dei fondatori di Smart Working Day e amministratore delegato di Workitect, società capofila di #Fase2.

L’obiettivo finale è quello di impostare il lavoro all’insegna della sicurezza, limitando al massimo la possibilità di contagio, ma al tempo stesso in modo davvero smart. Attraverso una riorganizzazione agile, intelligente e attenta alla sostenibilità. Grazie all’approccio sistemico, inoltre, le organizzazioni diventano più resilienti, cioè in grado di cambiare in modo più responsivo nel momento in cui il panorama cambia. Ma gli elementi positivi non finiscono qua.

Secondo Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, “i benefici economico-sociali potenziali dell’adozione di modelli di lavoro agile sono enormi. Si può stimare un incremento di produttività del 15% per lavoratore, una riduzione del tasso di assenteismo pari al 20%, risparmi del 30% sui costi di gestione degli spazi fisici per quelle iniziative che portano a un ripensamento degli spazi di lavoro e un miglioramento dell’equilibrio fra lavoro e vita privata per circa l’80% dei lavoratori”. Infine, volendo proiettare l’impatto dello smart working a livello complessivo di sistema Paese, “l’effetto dell’incremento della produttività media del lavoro in Italia – sottolinea Corso – si può stimare sui 13,7 miliardi di euro”. Numeri che dovrebbero sciogliere come neve al sole tutte le perplessità e le indecisioni di una classe manageriale forse ancora troppo arretrata.

Alessia Capeccioni