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Digitalizzazione e ICT chiave di volta dello sviluppo dell’agroalimentare

Roma (8 giugno 2020) – Il settore agroalimentare italiano deve cogliere adesso l’opportunità della trasformazione digitale: questo il messaggio che lancia la ricerca “Gli Impatti della Digital Transformation sul settore Agrifood” realizzata dal Digital Transformation Institute con la collaborazione di Cisco Italia – azienda leader nella fornitura di soluzioni di rete. Lo studio analizza gli impatti e le opportunità della digitalizzazione su uno dei settori principali dell’economia italiana, che impiega tra agricoltura e industria alimentare il 21,7% degli occupati italiani e che oggi per crescere e restare competitivo deve affrontare, oltre alle trasformazioni economiche e sociali, anche la trasformazione digitale: con tante opportunità che è necessario comprendere, per investirvi di più.

Ad esempio nel settore vitivinicolo – un miliardo di bottiglie esportate nel 2015 – il 77,3% delle aziende non ha fatto investimenti a valore in tecnologie ICT o ne ha fatti per meno di 5.000 euro negli ultimi cinque anni.

I segnali positivi ci sono: perché il 52% delle imprese ha intenzione di fare investimenti superiori a questa soglia nel prossimo futuro, ma bisogna coinvolgere anche quel 31% di aziende, specie medio-piccole, che non ha espresso lo stesso livello di interesse.

“Il settore agroalimentare ha un peso molto importante nell’economia del nostro paese – afferma Michele Festuccia, responsabile dei progetti rivolti al settore agroalimentare nel piano di investimenti digitali di Cisco Italia – per questo è fondamentale che si inserisca con decisione nel trend della digitalizzazione. Attraverso questa ricerca abbiamo voluto comprendere nel dettaglio lo stato dell’arte in termini tecnologici di un comparto molto complesso, composto da realtà molto diverse fra loro e da filiere differenti: uno sguardo di insieme necessario per trovare un linguaggio comune con cui rivolgerci al settore e supportare la sua trasformazione digitale. Oggi abbiamo a disposizione soluzioni che possono esaltare ancora di più l’eccellenza che il nostro agroalimentare esprime ed esporta in tutto il mondo, proteggerla e valorizzarla, ed allo stesso tempo capire di cosa ha bisogno: ad esempio, come emerge dalla ricerca, ha bisogno di formazione, di un approccio più sistematico, di maggiore supporto nello sfruttare l’impatto dell’innovazione: e noi dobbiamo tenerne conto”.

Gli impatti della digital transformation sul settore agrifood sono stati oggetto anche di un altro studio realizzato dal Digital Transformation Institute – che per la prima volta offre una mappatura completa dell’impiego delle tecnologie in tutto il comparto agroalimentare, analizzando le diverse fasi (produzione, trasformazione etc.), i processi correlati – dalla logistica alla tracciabilità alla gestione di controlli e impatto ambientale – e le diverse filiere (carne, pesce, lattiero-caseario, ortofrutticolo, vinicolo, olio). La ricerca è stata effettuata coinvolgendo oltre 30 esperti, provenienti da associazioni di settore, università e ricerca, realtà aziendali, istituzioni – con l’obiettivo di comprendere lo stato dell’arte di tutto il comparto, in tema di digitalizzazione e di elaborare un modello di analisi con cui potere esaminare – anche da un punto di vista economico e sociale – il livello di digitalizzazione, il tipo di tecnologie, gli investimenti nelle diverse filiere produttive: carne, pesce, latte, ortofrutticolo, vitivinicolo, olio.

“Una visione di insieme, in grado di declinare nell’ottica del settore agroalimentare e agroindustriale le tendenze tecnologiche chiave – non solo in ambito ICT – permetterebbe di mettere in campo un approccio condiviso, capace di aiutare i processi di crescita, favorire l’aggregazione e una progettualità più forte in un settore frammentato e variegato” spiega Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute. Dalla mappatura emerge però l’assenza di un vero quadro di insieme, che rende più difficile diffondere nel settore la consapevolezza delle opportunità della tecnologia e l’urgenza di coglierle per restare competitivi a livello globale. Questa difficoltà è accentuata da un altro grande problema: la scarsa presenza nel settore di figure qualificate, con le competenze necessarie per guidare una trasformazione digitale. Senza una guida, è ancora più difficile sviluppare la percezione del bisogno di innovazione e, nel caso, affrontare il tema della digitalizzazione in modo sistematico.

Scarsa percezione del bisogno di innovazione e assenza di un approccio sistematico sono gli altri punti dolenti evidenziati dalla ricerca, che hanno conseguenze rilevanti come l’incapacità di valutare efficacemente l’impatto degli investimenti che pure vengano fatti. Lo dimostra, ad esempio, quanto è emerso dall’indagine effettuata presso le aziende nel settore vitivinicolo, in cui ben il 47% degli interpellati dichiara che gli investimenti fatti in tecnologia non hanno ancora portato o non porteranno un aumento di ricavi, e il 15% non sa valutare il vantaggio eventualmente ottenuto.

La situazione, tuttavia, non è uniforme al 100% in tutto il comparto. Si evidenzia in particolare che l’attenzione alla digital transformation è prevalente nelle aziende di dimensione industriale, ed emerge che a percepire davvero i vantaggi della digitalizzazione sono di fatto solo le aziende che già investono in tecnologie digitali. “E’ il classico serpente che si morde la coda – conclude Epifani – con un meccanismo che rischia seriamente di lasciare indietro un’altra coda: la “coda lunga” del settore agroalimentare, composta da migliaia e migliaia di aziende piccole e medie, che attraverso la tecnologia potrebbero affacciarsi su un mercato più ampio, migliorare il controllo dei loro processi produttivi, riconoscere e far riconoscere la qualità, l’eccellenza, l’originalità dei loro prodotti – e crescere. Il fattore chiave per modificare questo meccanismo è la diffusione capillare, in questo settore più che mai, di cultura e competenze digitali. A partire dalla scuola, dagli istituti professionali, per arrivare a iniziative che coinvolgano gli attori del settore e le istituzioni in un percorso per costruire consapevolezza e capacità”.

Alessia Capeccioni