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Il settore vitivinicolo fra tradizione e digitalizzazione

Roma (12 giugno 2020) – Il settore vitivinicolo è sempre più digitalizzato. E’ questa la realtà che emerge dall’analisi effettuata dal Digital Transformation Institute, centro di ricerca volto allo studio delle dinamiche della “rivoluzione di senso” indotta dalla trasformazione digitale, con particolare riferimento agli impatti sulla sostenibilità ambientale, culturale, sociale ed economica.

 “Il settore enologico ha una presenza omogenea sul territorio italiano – spiega Stefano Epifani, presidente dell’istituto – ed è composto per la grande maggioranza da aziende che hanno una filiera integrata dalla produzione dell’uva fino all’imbottigliamento e alla distribuzione e vendita diretta del prodotto (rispettivamente il 92% e 93%). Inoltre, il vitivinicolo è certamente un campione di eccellenza per il paese, con 1 miliardo di bottiglie esportate nel 2015; è un settore maturo nella sua configurazione tradizionale, che si confronta con gli scenari competitivi globali”.

Per quanto riguarda l’innovazione, soprattutto sulla parte finale della filiera, il 77,3% delle aziende vitivinicole italiane non ha investito o ha investito fino a 5.000 euro in tecnologie ICT negli ultimi cinque anni. Del restante 22,7% – che ha investito più di 5.000 euro – la metà (il 49%) è rappresentato dalle aziende più grandi. Dal punto di vista geografico, la distribuzione tra chi investe in tecnologie digitali e chi non lo fa vede un maggior investimento, se pur lieve, da parte delle aziende di Sud e Isole. La gran parte degli investimenti in digitale effettuati finora evidenzia l’obiettivo di ampliare la base clienti dell’azienda, intervenendo sulla parte finale della filiera: nel 41% dei casi sulla distribuzione, nella vendita diretta al pubblico per il 43%. Di conseguenza, le tecnologie di maggiore interesse sono legate soprattutto al management e alla gestione aziendale (74%), alla tracciabilità (57%), al “ricevere e trasmettere informazioni in forma elettronica (53%). Sono rilevanti anche aspetti obbligati dalle richieste burocratiche e normative, dal momento che il 41% ha investito per tecnologie legate ai sistemi di autorizzazione e controllo da parte della PA.

Guardando alle previsioni di investimento futuro, si nota una tendenza a considerare maggiormente il valore della digitalizzazione. Il 52% delle aziende ha intenzione di investire più della soglia minima di 5.000 euro: il 30% di chi intende investire è composto da aziende medio grandi. Il 31% di chi non intende investire è composto da aziende medio piccole. Le tecnologie su cui si intende investire in futuro sono in particolare quelle legate al ciclo della produzione e all’ottimizzazione dei processi di trasformazione (49% e 57% le ritiene interessanti) e sono centrali i temi legati alla tracciabilità e sicurezza del prodotto, ma anche la logistica e il management e gestione dell’impresa.

 Il tema della tracciabilità è estremamente rilevante per il comparto vitivinicolo. Solo il 4% degli interpellati la etichetta come una “moda” che presto passerà; il 51% del campione ritiene che dovrebbe essere sempre obbligatoria (molto d’accordo). Anche se il 30% è molto d’accordo con il fatto che essa sia “un costo per il produttore ”e il 29 % ritiene che dovrebbero essere le istituzioni a farsi carico dei costi, dal momento che è richiesta dall’Unione Europea – una percentuale analoga (31%) riconosce che è utile a promuovere commercialmente i prodotti.

 “Analizzando complessivamente lo stato della digitalizzazione nel settore vitivinicolo – conclude Epifani – emerge una relazione tra la qualità del prodotto (vini DOC, DOCG) e la predisposizione al digitale dell’azienda: chi produce vino di qualità è anche chi fa più investimenti in ICT e comprende meglio le dimensioni della rivoluzione in atto. Anche se non c’è una correlazione sistematica fra le due cose, è evidente il rischio che si corre: che in un mondo in cui la capacità di muoversi nel mercato digitale è sempre più importante si allarghi il divario fra produttori di alta qualità che investono in digitalizzazione e gli altri produttori, portando questi ultimi ad avere seri problemi di competitività”.

 E’ necessario dunque lavorare per creare nelle aziende del settore vitivinicolo più consapevolezza delle opportunità e, ancora prima di fare in modo che le aziende si rendano conto del bisogno di supportare la digitalizzazione, tutto questo deve essere accompagnato da investimenti in formazione, perché servono giovani che conoscano le dinamiche digitali e aiutino queste migliaia di aziende nel percorso di cambiamento. In questo senso, hanno un ruolo centrale le Università, ma anche gli istituti superiori di formazione professionale, tecnica, agraria.

 Alessia Capeccioni