
Crack da 2 miliardi di euro per l’olio d’oliva
Roma (8 luglio 2020) – L’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 ha causato una perdita da 2 miliardi di euro per l’olio d’oliva Made in Italy dovuta alla chiusura forzata di bar, ristoranti e agriturismi, ancora alle prese con una difficile ripartenza. A questo si aggiungono gli ostacoli alle esportazioni e la notevole riduzione delle presenze turistiche, dove l’extravergine è tra i prodotti della filiera corta più acquistati dai vacanzieri.
Questo il quadro che emerge da un’analisi della Coldiretti diffusa in occasione dell’assemblea di Unaprol, Consorzio Olivicolo Italiano. “A pesare sul comparto – si legge in una nota – è stato soprattutto il blocco del canale della ristorazione, che rappresenta uno sbocco importante per l’olio Made in Italy, sia in patria che all’estero”. Un impatto gravoso a livello economico, occupazionale e ambientale per una filiera che conta oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia, ma anche il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp), con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo.
Per rilanciare il settore, Coldiretti ha elaborato un “piano salva ulivi” con un pacchetto di misure straordinarie a sostegno delle imprese agricole e frantoi che operano in filiera corta, quelle oggi maggiormente a rischio, con lo sblocco immediato delle risorse già stanziate per l’ammodernamento della filiera olivicola, anche attraverso la semplificazione delle procedure. Servono poi meccanismi di flessibilità per la certificazione delle produzioni di qualità a partire da Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione di origine protetta), biologiche e Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata), anche attraverso finanzianti specifici. Una misura importante per l’Uliveto Italia, ma anche per la salute dei cittadini l’acquisto di extravergine italiano al 100% da destinare alle famiglie più bisognose.
“Nell’immediato vanno poi assicurati sostegno a fondo perduto – dichiara Coldiretti – per le imprese produttrici di olio 100% tricolore per compensare la riduzione delle vendite e un aiuto integrativo per gli oli certificati Dop e Igp in giacenza, sfusi o confezionati non venduti alla data del Dpcm dell’11 marzo”. “Ma serve anche sostenere con massicci investimenti pubblici e privati la ripresa delle esportazioni con un piano straordinario di comunicazione sull’olio che rappresenta da sempre all’estero un prodotto simbolo della dieta mediterranea” afferma Ettore Prandini, presidente Coldiretti, nel sottolineare che “si tratta di un’esigenza tanto più pressante se si considera che sulle esportazioni di olio italiano rischiano anche di abbattersi i dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump nell’ambito della disputa con l’Ue sul settore aeronautico”.
“A incidere sulle imprese olivicole italiane è anche il crollo del 44% dei prezzi pagati ai produttori, scesi a valori minimi che non si registravano dal 2014. Un trend causato – spiega Coldiretti – dalla presenza sul mercato mondiale di abbondanti scorte di olio “vecchio” spagnolo, spesso pronto a essere spacciato come italiano a causa della mancanza di trasparenza sul prodotto in commercio, nonostante sia obbligatorio indicare l’origine per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009”. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile tanto che i consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente.
Un danno economico e d’immagine grave per l’Uliveto Italia che, unito agli effetti del coronavirus, rischia di rovinare i buoni risultati ottenuti a livello produttivo, grazie a una quantità di 365 milioni di litri, più che raddoppiata rispetto alla disastrosa annata precedente, seppur ancora sotto la media del decennio.
A.C.