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I fondi pensione e gli investimenti in economia reale

di Paolo Pellegrini
Vicedirettore Mefop

I fondi pensione sono investitori istituzionali di lungo periodo: oltre alla propria funzione pensionistica – raccolta contributi, gestione efficiente ed erogazione delle prestazioni – in quanto investitori pazienti, sono nelle condizioni migliori per ottimizzare il rapporto rischio/rendimento nel lungo periodo, accettando maggiori oscillazioni degli investimenti nel breve periodo a fronte di maggiori rendimenti attesi. Per questo motivo sono i soggetti che meglio di altri possono investire in titoli azionari.

La possibile funzione dei fondi pensione quali investitori istituzionali, in effetti, era ben presente nel disegno del legislatore degli anni ’90: avendo un lungo orizzonte temporale, si pensava che avrebbero potuto sostenere la crescita dimensionale delle aziende italiane, rafforzandone la capitalizzazione, affiancando nuove fonti di finanziamento a quelle dei tradizionali canali bancari.

Sin dall’origine, però, sono stati posti dei limiti prudenziali, per evitare che si assumessero partecipazioni di controllo o livelli di concentrazione eccessiva, soprattutto in investimenti correlati ai settori di appartenenza delle imprese tenute al versamento della contribuzione.

Molto importante, inoltre, è l’attenzione assegnata all’esercizio dei diritti di voto. In quanto investitori istituzionali, i fondi pensione, azionisti di minoranza delle imprese, sono stati invitati ad esercitare il c.d. azionariato attivo (cfr. di recente la Direttiva Shareholders rights 2).

Va detto però che nei primi 20 anni di vita dei fondi pensione negoziali, gli investimenti in economia reale italiana e nelle infrastrutture – che rappresentano il principale volano per lo sviluppo dell’economia reale del Paese – sono stati mantenuti a livelli contenuti.

Investimenti in titoli azionari italiani ed esteri dei fondi pensione negoziali e aperti (fonte PrediIDATA Mefop)

Le ragioni di questa prudenza sono varie, principalmente legate alla fase di avvio dei fondi pensione, ad esempio la quantità di risorse inizialmente troppo limitate per consentire investimenti effettivamente diversificati. Inoltre, l’investimento in economia reale, sostanziandosi nella scelta di fondi di private equity o venture capital, necessita di elevate competenze per la selezione e il monitoraggio, che non sempre erano presenti nella fase di avvio della previdenza complementare.

Oggi la situazione è diversa. Un fondo pensione che volesse effettuare investimenti di questo tipo dovrebbe aggiornare la propria politica di investimento, valutare quanto investire e con che impatto sul portafoglio dei diversi comparti, con quale modello gestionale effettuare l’investimento – mandato al gestore o investimento diretto – e che tipo di monitoraggio mettere in campo, affidandone la responsabilità alla funzione finanza.

Alcune esperienze, infatti, sono state realizzate: oltre alle iniziative di investimento locale, preferite dai fondi pensione territoriali, alcuni fondi di categoria si sono consorziati per selezionare insieme un investimento (cfr. Progetto Iride). Vi è inoltre un’iniziativa di Assofondipensione, rivolta ai fondi pensione negoziali suoi associati.

Un contributo l’ha dato, di recente, anche il legislatore quando (L. 232/2016) ha previsto dei vantaggi fiscali per gli investimenti in “economia reale”. Sono esenti da imposta i rendimenti da investimenti che direttamente o indirettamente confluiscono in titoli di capitale di imprese italiane ed europee, se mantenuti per 5 anni e nei limiti del 10% del patrimonio del fondo pensione.

In definitiva, non possiamo negare che la strada degli investimenti in economia reale e infrastrutture sia da maneggiare con cura, ma vi sono certamente buone prospettive di un maggior ricorso ad essi, che saranno certamente utili per attenuare l’impatto che avrà il coronavirus sul nostro tessuto produttivo nei prossimi mesi.

Quadro normativo fiscale: vantaggi degli investimenti in “economia reale”

Investimenti qualificati i cui rendimenti sono esenti da imposta, se mantenuti per 5 anni e nei limiti del 10% del patrimonio del fondo pensione

  1. azioni di società residenti in Italia o in altri Stati UE/SEE con stabile organizzazione in Italia
  2. quote o azioni di Oicr residenti in Italia o in altri Stati UE/SEE che investono prevalentemente in equity Italia come sopra definito
  3. quote di prestiti, di fondi di credito cartolarizzati erogati od originati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali (peer to peer lending)
  4. quote o azioni di Fondi per il Venture Capital residenti in Italia o in altri Stati UE/SEE
  5. PIR