
Interventi al risparmio per il settore agricolo
di Maurizio Gardini
Presidente Confcooperative
Il nostro agroalimentare vale il 12% del PIL. È uno dei principali ambasciatori dell’Italia nel mondo. Non si tratta solo della produzione di cibo di eccellenza. Il made in Italy agroalimentare è un modo di essere e di concepire la tavola che fa dell’Italia e dei suoi produttori una sorta di modello Unesco di eccellenza senza pari. L’agroalimentare è impegnato su molti fronti: dai danni causati dallo sconvolgimento climatico alla vespa samurai, dalla cimice asiatica alla Xylella, per finire all’Italian sounding che nel mondo sfiora il giro d’affari dei 100 miliardi. I nostri produttori sono impegnati anche nella sfida di produrre sempre meglio e in modo sempre più sostenibile, utilizzando meno acqua e trattamenti fitosanitari.
Nella stagione di Expo era stato lanciato l’obiettivo dei 50 miliardi di export da raggiungere in pochi anni. Sfida quasi vinta, ma la corsa è stata frenata dalla pandemia che stiamo vivendo che ha portato a un’inchiodata dell’export.Nonostante questo quadro di fermento, seppur tra mille difficoltà, noi produttori agricoli ci sentiamo soli. La nostra non vuole essere una lamentela che si aggiunge alla pletora delle tante altre categorie che recriminano, ma la constatazione di un dato di fatto se è vero come è vero che il Dl Rilancio su 55 miliardi ne destina solo 1,1 al settore primario.
In questo quadro di investimenti al risparmio sull’agricoltura, siamo soddisfatti che sia stata recepita una delle nostre richieste principali quella del rafforzamento patrimoniale delle imprese attraverso l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti. Strumento finanziario molto utile soprattutto in un momento di crisi di liquidità qual è quello che viviamo. Anche dall’anticipo della PAC possono arrivare importanti boccate d’ossigeno. Sarebbe necessario sostenere la crescita delle imprese anche attraverso investimenti dei Fondi di previdenza nell’economia “reale”.
L’agroalimentare non si è fermato nel lockdown. Ha consentito a tutti di restare a casa rifornendo con puntualità la grande distribuzione per arrivare fin sulle tavole degli italiani. Non era scontato né facile. È venuta meno gran parte della forza lavoro. Si è persa molta manovalanza e di conseguenza buona parte dei prodotti stagionali non sono stati raccolti. Ora è il tema lavoro quello sul quale bisogna concentrarsi. La sanatoria dei migranti giusta dal punto di vista della legalità, della civiltà, dell’umanità, non risolverà nell’immediato i problemi delle imprese. Bisogna accelerare i corridoi verdi, abbiamo bisogno di operai specializzati.
Come cooperazione abbiamo proposto al Governo di utilizzare in agricoltura i destinatari del reddito di cittadinanza, ma mancano indicazioni operative da parte del Ministero del Lavoro. Dobbiamo investire sui settori più fragili. Penso al blocco subito da florovivaismo e forestale schiacciati dalle settimane di lockdown, all’invenduto del lattiero caseario e del vitivinicolo, ai danni subiti dell’ortofrutta, allo stallo in cui versa il bieticolo saccarifero sempre più stritolato dal dumping di paesi come il Brasile.
Oltre a investire bene le risorse esigue messe a disposizione dal Dl Rilancio e ad attendere chiarimenti veloci in materia di lavoro occorrerà investire nella promozione dei nostri settori e delle nostre eccellenze. All’estero alcuni mercati si chiuderanno, ma se ne apriranno altri e dovremo essere pronti a far guadagnare nuove quote di mercato al nostro made in italy con quello che è l’obiettivo di sempre: remunerare al meglio i produttori che sono sul territorio. Crescere nell’export e investire nell’agroalimentare made in italy deve avere sempre il duplice obiettivo di rafforzare il brand del mangiare italiano, ma soprattutto quello di migliorare il reddito dei nostri produttori agricoli.