
Novemila imprese agricole al fianco delle famiglie in difficoltà
Roma (24 luglio 2020)
Dopo il lockdown, si è estesa la cosiddetta “area del disagio” con un incremento di “nuovi poveri”. Per sostenere le famiglie in difficoltà, gli anziani, i bambini, i disabili e le fasce più disagiate della popolazione scende in campo la prima rete nazionale delle fattorie sociali di Coldiretti, per offrire nuovi servizi nelle campagne dove, all’aria aperta, è più facile il rispetto del distanziamento e si riducono i rischi di contagio anche in questa fase. E’ stato presentato a Palazzo Rospigliosi, a Roma, il primo rapporto di Coldiretti su “La vera agricoltura sociale fa bene all’Italia” alla presenza del Presidente della Coldiretti Ettore Prandini e del ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova. Lungo tutta la Penisola sono circa 9mila le fattorie impegnate nel sociale, con un aumento di 7 volte dal 2013, in grado di offrire oggi un valore di servizi sanitari ed educativi che ha raggiunto il miliardo di euro secondo le stime Coldiretti. Il nuovo welfare “verde” nasce dall’innesto dei percorsi di riabilitazione e di reinserimento sociale grazie ad attività agricole tradizionali come la coltivazioni, l’allevamento, l’agriturismo, le fattorie didattiche e anche le vendite dirette che coinvolgono l’80% delle fattorie sociali italiane la cui dimensione media raggiunge i 24 ettari, più del triplo delle altre aziende agricole. Le fattorie impegnate nel sociale, sono luoghi dove la multifunzionalità agricola si esprime interamente tra le tante attività che vanno dai centri estivi rurali per i bambini agli agriospizi per gli anziani, dalla cura delle dipendenze al reinserimento lavorativo, dall’ortoterapia alla pet therapy, dall’assistenza sanitaria e psicologica all’integrazione culturale. Secondo Coldiretti, in Italia, le attività di agricoltura sociale sono in grado di offrire oggi un valore di servizi sanitari ed educativi che ha raggiunto il miliardo di euro. “Il dramma del Coronavirus – fa notare il Presidente Coldiretti, Ettore Prandini – ha aperto nuovi scenari: l’agricoltura sociale non è solo una parte dell’attività perché “l’agricoltura è sociale”. E lo ha dimostrato proprio nei giorni più drammatici del lockdown quando si rischiavano gli assalti ai supermercati e il mondo agricolo è riuscito a dare qualche elemento di serenità assicurando cibo ai cittadini”. Prandini sottolinea il ruolo importante di recupero svolto dalle aziende agricole sociali “perché è proprio nei contesti agricoli che si recupera e si vive meglio”, evidenziando tuttavia anche i rapporti con le pubbliche amministrazioni che spesso sono critici per le difficoltà di interlocuzione tra una regione e l’altra ed invitando a recuperare il rapporto con le amministrazioni comunali. La pandemia ha ulteriormente incrementato la crisi economica e sociale; la perdita di opportunità di lavoro ha colpito molte persone e famiglie che mai prima d’ora avevano sperimentato condizioni di vita così problematiche. Una crisi collettiva nazionale trasversale per demografia e lavoro senza precedenti dai tempi del dopoguerra e che può trovare delle risposte nelle esperienze di agricoltura sociale diffuse su tutto il territorio nazionale: il 52,4% al Nord, il 21,4% al Centro e il 26,2% al Sud. Le aziende agricole che svolgono attività sociale possono fare molto. L’obiettivo è di implementare il rapporto tra chi vive disagi e la comunità e in questa azione l’agricoltura svolge una funzione straordinaria. “Per quanto riguarda poi il delicato capitolo degli anziani – ricorda Prandini – nell’emergenza le risposte per queste fasce deboli non sono arrivate e propone di riservare una percentuale di posti convenzionati all’agricoltura sociale. In questo modo si potrebbero sostenere le aree interne e recuperare anche fabbricati spesso abbandonati”. Prandini esprime infine soddisfazione per gli interventi messi in campo dal Mipaaf, dall’annullamento dei versamenti contributivi ai 300 milioni al Fondo indigenti, “una cifra che potrebbe essere elevata perché la povertà è in aumento e non bisogna dimenticare le famiglie in difficoltà”. “L’agricoltura sociale – afferma il Ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova – rappresenta un nuovo modello di welfare territoriale aperto ai bisogni dei territori e delle comunità. Le aziende agricole sono in grado di affiancare alla produzione pratiche di inclusione in un intreccio di filiere e territori”. “All’Osservatorio Mipaaf sull’agricoltura sociale – aggiunge la Bellanova – si sta lavorando per la messa a punto di criteri omogenei per il riconoscimento delle imprese, il monitoraggio, la semplificazione e la formazione. Non servono norme di 20 regioni, ma una legislazione condivisa per questo ho chiesto agli assessori di vederci una volta al mese”. L’obiettivo dell’osservatorio è dunque di mettere a sistema le diversità e arrivare così all’attuazione di norme omogenee. Il rapporto della Coldiretti ha tracciato un’immagine completa di un pezzo dell’agricoltura mettendo in evidenza come le aziende agricole che svolgono attività sociali siano tra le eccellenze del paese. Il 61% delle imprese opera da almeno 10 anni a conferma che la pratica è consolidata negli anni, prima della legge 141/ del 2015 che ha normato il settore. “Vogliamo garantire l’impegno a rafforzare le iniziative per l’agricoltura sociale – spiega la Bellanova – per assicurare tutela alle categorie più fragili. L’emergenza sanitaria ha messo in luce molte criticità. “Un riferimento particolare agli ospizi: il virus ha cambiato tutto – conclude il Ministro – ma rischia di non cambiare certe brutte pratiche. Con il virus sono apparsi chiari i limiti dei servizi sul territorio, da qui la necessità di indicare percorsi per innalzare i livelli di assistenza”. |
A.C.