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Coronavirus, ripresa difficile per farmacie agricole e garden center

Roma (10 Settembre 2020)

L’onda lunga dell’emergenza sanitaria rende difficile la ripresa anche per le farmacie agricole e i garden center che hanno dovuto chiudere rallentare le attività per molte settimane. Per le farmacie agricole non è stato facile restare aperte durante il lockdown, i garden center invece sono stati costretti a chiudere. Di conseguenza anche gli effetti sulla ripresa sono risultati diversi e tali sembrano rimanere a breve-medio termine. “Poiché il codice Ateco delle rivendite agricole non compariva fra quelli le cui attività, secondo i primi Dpcm, erano consentite, sarebbero dovute stare chiuse. Praticamente un assurdo – spiega Riccardo Resta, titolare col fratello Antonello dell’Agrifarma di Conversano (Ba) – visto che erano consentite la produzione dei mezzi tecnici e quella agricola, ma non la commercializzazione dei mezzi tecnici,

indispensabili per poter produrre. Noi ci siamo salvati utilizzando il codice Ateco per la vendita di mezzi antinfortunistici, altri rivenditori hanno scritto ai Prefetto di competenza dichiarando di rimanere aperte in quanto anello indispensabile della filiera agricola. Ma, più o meno per tutte le rivendite, l’apertura non ha evitato di doverci scontrare con tanti problemi”. I problemi delle rivendite agricole non sono terminati con la fine del lockdown e gli effetti si riverberano ancora oggi sulla  attività. “La limitazione degli spostamenti – continua Resta – ha impedito a numerosi clienti di muoversi. Abbiamo supplito noi, per quanto abbiamo potuto, consegnando la merce in azienda. Nella rivendita abbiamo adottato tutte le misure di sicurezza, ma i clienti si sono ridotti. Le gelate di metà-fine marzo hanno fatto il resto, molti agricoltori hanno smesso di acquistare prodotti per ciliegi e mandorli. A marzo abbiamo perso il 30% del fatturato, ad aprile il 20%. Fra maggio e giugno la situazione commerciale si è ricomposta, ma non quella economica. Nell’incerta situazione in cui si sono venuti a trovare gli agricoltori, questi, pur continuando ad acquistare, non si sono fatti scrupolo di venire a saldare i loro debiti, per cui la nostra esposizione finanziaria è peggiorata, e non è certo migliorata negli ultimi mesi. Per fortuna non abbiamo troppe scorte di magazzino, nonostante tutto siamo riusciti a rimanere in equilibrio fra acquisti e vendite”.

“Per sopravvivere al lockdown – sostiene Michelangelo Stolfa, titolare con Giuseppe Colucci dell’Auxiliaria Naturae di Rutigliano (Ba) – abbiamo dovuto inoltrare richiesta di apertura al Prefetto di Bari e siamo rimasti aperti in virtù del suo tacito assenso”. “I nostri clienti sono quasi tutti produttori di uva da tavola, a marzo e aprile non avevano grande necessità di prodotti. Comunque ci siamo organizzati facendo rispettare ai clienti rigorose misure di sicurezza. A giugno e luglio quasi tutti hanno allentato l’attenzione, ma noi abbiamo continuato ad applicare norme molto severe, ad esempio dando l’ultimatum ai clienti più riottosi: o con la mascherina o fuori! E ci stiamo trovando bene. Non abbiamo eccesso di scorte in magazzino, avendo comprato e rivenduto quanto bastava. Abbiamo subito pressioni per indurci a comprare più del necessario, ad accumulare scorte, ma siamo stati attenti a non cadere in questa trappola, perché sapevamo che i trasporti funzionavano pressoché regolarmente”.

Per un garden 40 giorni di chiusura fra marzo e aprile costituiscono un brutto colpo, dal quale non è facile riprendersi. Giovanni Dichio, titolare con i fratelli Rocco, Franco e Bartolo dell’Agribiotecnica Vivai dei F.lli Dichio di Matera, che gestisce un vivaio di piantine da orto e piante ornamentali a Metaponto (Mt) e un garden center a Matera-Borgo Venusio, conferma che i danni subiti sono stati tanti. “In primavera abbiamo cinque cicli produttivi, ma almeno il 70-80% della produzione è saltato e le piante disponibili le abbiamo o buttate o regalate oppure ripotate e rinvasate. Meno male che semi e piante da ricoltivare li acquistiamo a blocchi, per cui ci siamo fermati. Abbiamo chiesto all’autorità politica il risarcimento dei danni subiti, ma non abbiamo ricevuto risposta. Invece le banche subito ci hanno bloccato il pagamento delle rate dei mutui. Ora siamo pronti con il “Villaggio di Babbo Natale”, poiché gli acquisti li avevamo ultimati lo scorso gennaio, ma aspettiamo di verificare l’evoluzione della Covid-19”.

Alessia Capeccioni