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Politiche per la salute. Occorre maggiore attenzione alle esigenze delle zone agricole e delle aree  interne

Occorrerebbe introdurre correttivi, nella fase applicativa del PNRR, motivati dalla opportunità di adattare, per queste aree, gli standard assistenziali in via di adozione con il DM salute.

di Filippo Palumbo, già Direttore Generale e CapoDipartimento del Ministero della salute  

«Da me, alle visite, lungo la pista battuta per le slitte, cominciarono ad arrivare fino a cento contadini al giorno...”.  Inizio questa riflessione con una frase tratta da un’opera giovanile di Michail Bulgakov, celebre autore del romanzo Il maestro e  Margherita.

Molti non sanno che Bulgakov era medico. Nel 1916 dovette trasferirsi in una remota località della profondissima campagna russa come titolare di un ambulatorio medico.  Le sue esperienze le ha raccontate in alcune note poi riunite nel libro  Avventure di un giovane  medico. Qui si ritrovano pagine molto belle che fanno pensare a quanto fosse difficile fare medicina in quel periodo, in quel contesto storico, in quelle condizioni. Qualcosa di simile lo si può leggere anche in “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi. Venendo alla situazione attuale, dall’ Istat apprendiamo che mentre il 36.2 per cento della popolazione italiana vive nelle 14 città metropolitane, invece il 21,9 per cento vive in uno dei 4.076 comuni definiti Aree Interne (AI). Si tratta dei comuni significativamente distanti dall’offerta di servizi essenziali (mobilità collettiva, sanità, istruzione universitaria) in termini di tempi di percorrenza. Tipicamente, questi comuni sono collocati in zone montane o di collina interna e, spesso, pur possedendo buone risorse di carattere ambientale o culturale, sono afflitti da problemi di spopolamento, invecchiamento demografico e riduzione dell’occupazione.

Ancora l’ISTAT afferma che:

  • l’incidenza relativa delle realtà comunali classificabili tra le Aree interne è più elevata al Sud e, in particolare, nelle Isole, dove rappresentano il 79,4% dei comuni e il 43,3% della popolazione ivi residente;
  • oltre al maggiore spopolamento, le AI scontano una marcata fragilità demografica con un indice di vecchiaia superiore alla media nazionale.

Ricordiamo questi dati per sostenere che per un complessivo sviluppo di queste realtà occorre:

  • da un lato pensare a misure di rilancio economico e sociale delle AI poggiate, secondo l’Istat, prevalentemente sul sostegno allo sviluppo delle attività endogene (es. le industrie creative e culturali e le attività turistiche, oggetto di vari progetti di valorizzazione);
  • dall’altro, indispensabilmente, pensare anche a misure integrative sul versante dell’assistenza sanitaria e sociale. Ciò al fine di compensare quei fattori che (ancora secondo l’Istat) fanno sì che nei cosiddetti territori del disagio si osservano rischi sanitari superiori rispetto alla media nazionale, in connessione con la fragilità delle condizioni socio-economiche individuali e la debolezza dell’offerta di servizi.

Tutto questo va collocato nell’attuale contingenza epidemiologica nazionale e internazionale, per cui nei territori del disagio tali misure integrative in campo sanitario e sociale vanno ad aggiungersi a quella che è una finalità nazionale, cioè la messa in sicurezza del Servizio Sanitario Nazionale.

Tale messa in sicurezza è fondamentale per non compromettere la funzione del SSN a baluardo della salute della nostra popolazione.

Si tratta di agire contemporaneamente su vari aspetti:

  1. non dismettere ma anzi mantenere e incrementare la capacità di controllo del fenomeno epidemico COVID e varianti, individuando precocemente i casi sintomatici, riconoscere i casi asintomatici, immediatamente circoscrivere eventuali focolai;
  2. ripristinare la erogazione piena delle prestazioni e dei servizi compresi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), recuperando il ritardo eventualmente determinatosi nella erogazione delle prestazioni, a causa dell’irrompere del COVID-19.
  3. riprendere il percorso di qualificazione dell’assistenza offerta dal SSN – con riferimento al continuo monitoraggio non solo delle risorse (umane, strutturali, tecnologiche, finanziarie), ma anche delle procedure, degli esiti degli interventi/servizi/prestazioni dei vari livelli del sistema sanitario- tenendo conto dell’esperienza legata all’ emergenza COVID-19, e ponendo maggiore attenzione a due fattori: garantire i LEA e promuovere l’appropriatezza delle cure.

Ciò di cui si ha bisogno in queste aree è uno straordinario rafforzamento degli interventi territoriali.

Più specificamente penso a un progetto peculiare che tenga conto della particolarità delle aree interne per promuovere un modello assistenziale territoriale incentrato sulle Cure primarie. Per concretizzare tale progetto occorre collocarsi nell’alveo delle iniziative promosse nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. In altre parole, quello che appare realistico pensare non è certamente il varo ex novo di iniziative ulteriori rispetto al PNRR ma di dare evidenza ad alcune linee di azione già in corso di adozione. Esse sono migliorabili e parzialmente riconvertibili all’obiettivo di sostenere le aree del disagio, in base ad un disegno governativo nazionale condiviso con le regioni.

In grandi linee mi riferisco a questo.

Sarebbe importante anticipare nelle aree interne le misure già oggi in fase di implementazione per dare centralità all’Assistenza territoriale e cure primarie

Il termine Assistenza territoriale è riferibile ad una delle tre aree in cui è convenzionalmente suddiviso tutto l’insieme degli interventi, servizi e prestazioni, a carattere preventivo-terapeutico- riabilitativo, costituenti i Livelli essenziali di assistenza,

  • Area delle Prevenzione collettiva
  • Area dell’Assistenza distrettuale
  • Area dell’Assistenza ospedaliera.

Il termine Cure primarie è riferibile ad una schematica (e tautologica) distinzione tra:

  • Cure di primo livello afferenti alla competenza della medicina generale
  • Cure di secondo livello afferenti alla competenza della medicina specialistica ambulatoriale
  • Cure di terzo livello afferenti alla competenza della medicina ospedaliera

Questa distinzione oggi è stata del tutto superata da una visione del rapporto tra salute e servizi sanitari in cui per tutelare la salute non è favorito l’approccio basato sull’intervento del singolo medico sul singolo paziente nel corso di una singola malattia presso una singola struttura sanitaria, ma invece si punta a un’assistenza più centrata su bisogni di salute complessi e che richiedono assistenza di lungo periodo. Con la conseguenza che il sistema di offerta sanitaria e sociosanitaria deve contare sull’integrazione dei servizi sul paziente determinando trattamenti:

  • coordinati e continui nel tempo,
  • finalizzati a dare risposta a bisogni di salute individuali e complessi,
  • definiti in modo da tener conto di quanto e come incidono nel singolo soggetto le variabili legate agli stili di vita, all’invecchiamento, alla copertura dei rischi, ai fattori clinici, assistenziali e sociali.

Tutto questo è possibile solo ripensando il sistema dalle fondamenta e valorizzando elementi specifici quali: a) il self management del paziente e i relativi approcci per il suo sostegno e sviluppo; b) il lavoro in team multi-professionali e multidisciplinari da parte dei professionisti della salute; c) la funzione di coordinamento organizzativo del case management.

Tutto questo può considerarsi coerente con le iniziative nazionali già assunte con il PNRR. Quello che suggeriamo è una applicazione con correzioni.  Ricordiamo alcuni elementi importanti.

Rispetto a quanto è già presente nel PNRR italiano, la integrazione che qui suggeriamo si basa sulle seguenti considerazioni.

Sul piano strategico e di impostazione generale. I documenti europei suggerivano di basare i PNRR nazionali su sei pilastri. Il PNRR italiano invece si è articolato in 6 missioni affermando che le 6 missioni sono definite in linea con i sei Pilastri menzionati dal Regolamento RRF sebbene “la formulazione segua una sequenza e una aggregazione lievemente differente.

Nell’impostazione europea la Salute viene menzionata nel quinto Pilastro ed è direttamente connessa alla resilienza economica, sociale e istituzionale.

Nell’impostazione italiana la Salute viene trattata prevalentemente come tematica di organizzazione sanitaria da rimodulare tra la componente territoriale e quella ospedaliera, con una imprevista separazione del tema Prevenzione. Ecco che allora la auspicata integrazione, in tutte le tematiche affrontate, del fattore Salute esce indebolita. Insomma, è vero che alla tematica Salute viene dedicata tutta una Missione, ma il prezzo che si pagherà sarà alto: la esplicita ed auspicata coerenza e sinergia tra i singoli campi di iniziativa e il punto di vista della Salute escono ridimensionate.

Solo nella Missione 5 si fa esplicito riferimento alla centralità del tema Salute rispetto al quale devono posizionarsi le iniziative di inclusione e di coesione.

Anche nella Missione 2- Rivoluzione verde e transizione ecologica si trovano elementi di integrazione con la tematica della Salute. Ciò in coerenza con la nascita del Sistema Nazionale Prevenzione Sanitaria e della sua connessione con il Sistema Nazionale Protezione Ambientale, come previsto dal DL n.36/2022.

Sul piano del rafforzamento delle strutture sanitarie (nel rispetto delle competenze facenti capo allo Stato e alle Regioni) occorre riconoscere le esigenze peculiari delle AI, atteso che proprio la maggiore specificità delle risposte assistenziali garantite dai modelli assunti come riferimento nel DM salute in corso di adozione (il cosiddetto DM 71) richiede flessibilità, a parità di efficacia e di efficienza.

Occorre inoltre arricchire le indicazioni in materia di contrasto alle malattie infettive tradizionalmente presenti, nonché a quelle emergenti e riemergenti.

Concludendo, la peculiarità delle esigenze delle Aree Interne nel campo della Salute non trova adeguato riscontro nell’attuale formulazione dei provvedimenti attuativi della Missione 6 del PNRR italiano, pur riconoscendo la volontà di promuovere assetti innovativi nel campo dell’Assistenza territoriale.  In questa situazione occorrerebbe introdurre correttivi   almeno nella fase applicativa motivati dalla opportunità di adattare, per queste aree, gli standard assistenziali in via di adozione con il DM salute.