Dieci anni fa, con la Legge 141 del 2015, l’Italia riconosceva e disciplinava per la prima volta l’agricoltura sociale, un settore capace di unire la produzione agricola con servizi essenziali per la comunità. In occasione del decimo anniversario di questa legge, Previdenza Agricola ha intervistato sull’argomento Massimo Fiorio, il parlamentare primo firmatario di questa legge che oggi siede nel consiglio di amministrazione di Fondazione Enpaia ed è docente, su questo ed altri temi, durante i corsi di formazione per giornalisti ispirati dalla stessa Fondazione e realizzati con la collaborazione dei vari Ordini Regionali dei Giornalisti Italiani
Il bilancio di un decennio
“Onorevole Fiorio, lei ha definito la Legge 141/2015 il ‘culmine di un lavoro intenso e lungo sulla dimensione inclusiva del lavoro agricolo’. A dieci anni dall’approvazione, qual è il suo bilancio complessivo sull’impatto che ha avuto sul tessuto sociale e agricolo italiano? E quali sono state, a suo parere, le principali tematiche che continuano ad emergere da questa legge?”
“Il bilancio è positivo. La legge ha permesso di dare un quadro normativo a un fenomeno già vivo ma frammentato, riconoscendo il valore multifunzionale dell’agricoltura. Ha creato le basi per lo sviluppo di centinaia di realtà che oggi offrono inclusione lavorativa, servizi educativi, terapeutici e di prossimità. Dalla data della sua approvazione registriamo la crescita delle esperienze di agricoltura sociale, la loro capacità di innovazione e l’importanza del settore per la resilienza delle comunità rurali e per un welfare più diffuso e sostenibile. Grazie a questa legge oggi abbiamo un ambito normativo che ci permette di discutere come misurare l’impatto sociale ed economico e di come superare le sfide ancora presenti.”
Cambiamenti e Impatti Positivi
“Quali sono stati, a suo parere, i cambiamenti più significativi e i maggiori impatti positivi che questa legge ha introdotto? E come ritiene che l’agricoltura sociale abbia contribuito ad un ‘welfare più diffuso e sostenibile?”
“L’impatto maggiore è stato la formalizzazione e la valorizzazione di un modello che unisce produzione e cura. Ha permesso di integrare settori diversi – agricoltura, sociale, sanitario – creando sinergie virtuose. Le fattorie sociali sono diventate luoghi di accoglienza, riabilitazione, formazione e di vera integrazione per persone con fragilità. L’agricoltura sociale ha dimostrato di essere un pilastro per un welfare comunitario e territoriale inserendosi nella rete di risposte concrete a bisogni sociali complessi in un contesto naturale. Ha contribuito a rigenerare i territori, a contrastare lo spopolamento delle aree rurali e a promuovere un’economia più etica e circolare. È interessante che anche le città, i grandi agglomerati, hanno visto nascere nelle aree prossime alla concentrazione urbanistica significative esperienze. La cosiddetta agricoltura periurbana è un serbatoio di esperienze di solidarietà straordinario”
Criticità e aree di miglioramento
“Quali ritiene siano state le principali criticità o le aree in cui l’attuazione della legge ha incontrato maggiori difficoltà o non ha prodotto i risultati attesi in questi dieci anni?”
“Le criticità principali sono spesso legate alla disomogeneità applicativa a livello regionale e alla complessità burocratica. Non tutte le Regioni hanno recepito la legge con la stessa celerità ed efficacia, creando disuguaglianze nell’accesso a supporti e riconoscimenti. Mancano ancora le linee guida nazionali da parte dei ministeri che definiscano alcuni aspetti. Un’altra sfida è stata l’integrazione piena nei percorsi socio-sanitari e la sostenibilità economica delle realtà di agricoltura sociale, che spesso operano con risorse limitate. È fondamentale semplificare gli iter amministrativi e garantire un accesso più equo ai bandi e ai finanziamenti, sia nazionali che europei.”
Cosa occorre fare e quali prospettive future
“Guardando al futuro, quali ritiene siano gli interventi prioritari da attuare per migliorare ulteriormente l’efficacia e l’applicabilità della Legge 141/2015 e sostenere lo sviluppo dell’agricoltura sociale nel prossimo decennio?“
“Occorre consolidare il coordinamento tra i ministeri (Agricoltura, Lavoro, Salute) e le Regioni per garantire un’applicazione omogenea e coerente della legge. È prioritario investire nella formazione degli operatori e nella ricerca per sviluppare nuovi modelli e misurare l’impatto sociale con strumenti sempre più precisi. Dobbiamo favorire l’inserimento dell’agricoltura sociale nelle politiche di welfare locali, ad esempio attraverso strumenti come il ‘budget di salute’; vale a dire uno strumento innovativo di programmazione e gestione integrata delle risorse: economiche, professionali, umane e relazionali finalizzato alla realizzazione di progetti di vita individualizzati per persone con bisogni complessi, spesso legati a disabilità o fragilità sociali e sanitarie. Ma è essenziale promuovere la conoscenza di queste realtà tra i cittadini, affinché diventino parte integrante del sistema di servizi e un’opportunità di scelta per le famiglie.”
L’eredità e il messaggio finale
“Considerando il suo ruolo di primo firmatario e il suo ‘viaggio in giro per l’Italia’ per promuovere l’agricoltura sociale ai giornalisti italiani, quale messaggio più importante vorrebbe lasciare a chi oggi opera in questo campo, agli enti locali e ai cittadini, in vista del futuro?”
“Il messaggio è di continuare a investire con coraggio e passione in questo settore. L’agricoltura sociale è una risposta concreta alle sfide della sostenibilità, dell’inclusione e del benessere. Invito gli operatori a fare rete, a condividere le buone pratiche e a innovare costantemente. Agli enti locali e alle istituzioni, chiedo di considerare l’agricoltura sociale non come un costo, ma come un investimento strategico per lo sviluppo dei territori e per la qualità della vita dei cittadini. È un modello che può continuare a crescere, portando benefici a tutta la collettività.”
Fin qui l’intervista con Massimo Fiorio. Quello che emerge tra le righe, e che ci piace sottolineare al termine di questo servizio, è che l’Italia può essere considerato un Paese apripista in Europa per quanto riguarda la legislazione specifica e organica sull’agricoltura sociale con la Legge 141/2015.
Questa legge ha strutturato un riconoscimento giuridico. Vale a dire che mentre il concetto di “agricoltura sociale” o “social farming” era già presente e come esperienze di “social farming” o “green care” in diversi paesi europei, come i Paesi Bassi, la Norvegia, il Regno Unito, l’Austria e il Belgio, la Legge italiana 141/2015 è stata una delle prime a fornire una definizione giuridica chiara e completa delle attività di agricoltura sociale.
Ha disciplinato il settore in modo organico, individuando tipologie specifiche di attività: integrazione socio-lavorativa, servizi alla comunità, servizi educativi, terapeutici e di riabilitazione.
Ha, infine, posizionato l’Italia tra i paesi leader in Europa per aver dotato l’agricoltura sociale di un quadro normativo nazionale dedicato e strutturato. Un pizzico di autostima, ogni tanto, non guasta.