di Laura Saggio
La mancanza di piogge che sta interessando tutto lo stivale, mettendo a rischio desertificazione più di ¼ del territorio nazionale, con danni stimati all’agricoltura quest’anno pari a circa 2 miliardi di euro per effetto del calo dei raccolti dovuti alla mancanza di acqua (dati Coldiretti), conferma come la siccità sia diventata la calamità più rilevante per l’agricoltura italiana.
Questo allarme impone soluzioni innovative e alternative di recupero e gestione della risorsa idrica, tanto più che in Italia riusciamo a trattenere solo l’11% delle piogge per via di importanti carenze infrastrutturali. Un esempio, in tal senso, viene dalla ricerca: un prototipo itech in grado di depurare le acque reflue e utilizzarle per irrigare e fertilizzare i campi coltivati, con benefici in termini di maggiore disponibilità idrica, apporto di nutrienti, riduzione dei concimi chimici, sostenibilità ambientale e qualità della filiera depurativa. L’innovazione, realizzata da Enea, nell’ambito del progetto Value CE-IN, in collaborazione, tra gli altri, con l’Università di Bologna, è stata testata su un campo sperimentale con 120 colture di cui 66 piante di pesco e 54 di pomodoro da industria. I risultati raccolti a valle della fase sperimentale confermano la fattibilità del riutilizzo degli effluenti depurati e la loro applicabilità per i fini agricoli.
Come evidenziato da Enea, secondo studi recenti, nel nostro Paese i prelievi pro capite di acqua dolce per uso agricolo rappresentano oltre il 50% del fabbisogno idrico totale. «La gestione sostenibile e circolare delle acque reflue rappresenta uno degli elementi chiave per contrastare il progressivo depauperamento delle risorse idriche dovuto ai cambiamenti climatici e alle tendenze di consumo sempre crescenti. In questo contesto si inserisce il progetto sperimentale Value CE-IN», ha affermato il coordinatore del progetto Luigi Petta, responsabile del laboratorio Enea di Tecnologie per l’uso e gestione efficiente di acqua e reflui.
Garantire una fonte idrica non convenzionale e sicura
«I risultati ottenuti nell’ambito del progetto – ha proseguito Petta – potrebbero supportare l’applicazione dello schema prototipale a tutti gli impianti di depurazione e la diffusione di pratiche di riuso a vantaggio di tutti gli stakeholder di filiera – dai gestori d’impianto ai consorzi di bonifica fino al settore dell’automazione, controllo e misurazione – con l’obiettivo di garantire una fonte idrica non convenzionale e sicura e fornire al contempo un apporto di elementi nutrienti alle colture, in linea con i nuovi indirizzi comunitari in vigore dal 2023».
Attilio Toscano, professore di idraulica agraria e coordinatore delle attività sperimentali condotte dal Ciri Frame dell’Università di Bologna, ha spiegato che «la ricerca condotta ha messo in evidenza l’elevato potenziale del riuso a scopo fertirriguo delle acque reflue depurate, sia in termini quantitativi che nutritivi, sfruttando tecnologie e materiali smart che consentono la gestione dell’irrigazione e della fertilizzazione di precisione. Inoltre, la verifica degli effetti del riutilizzo diretto degli effluenti secondari e terziari sul sistema “suolo-pianta” ha mostrato, negli studi fin qui condotti, la sicurezza e la sostenibilità di tale pratica».
Come spiegato da Enea, i primi risultati di ricerca industriale evidenziano la fattibilità di pratiche di economia circolare e simbiosi industriale che favoriscono la conversione degli impianti di depurazione in vere e proprie bioraffinerie da cui recuperare la risorsa idrica primaria, prodotti secondari ad elevato valore aggiunto, come ammendanti e fertilizzanti in grado di garantire un apporto di nutrienti, tra cui azoto, fosforo e potassio, e ridurre il ricorso a concimi chimici di sintesi.
DIDA foto Enea: Piantumazione in vaso di colture alboree e taniche per la fertirrigazione.