L’intelligenza artificiale è uno degli argomenti ricorrenti che viene affrontato nei corsi di formazione continua per giornalisti e che da un anno Fondazione Enpaia porta in giro nella sua road map nella Penisola italiana. Sono più di 300 i giornalisti, ad oggi formati, sui temi della tutela dei diritti del lavoro in agricoltura.
Il tema è tanto appassionante quanto ostico; perché è nuovo e perché costringe gli attori dell’informazione a confrontarsi con temi etici di grande impatto. Tra il dovere di informare ed il diritto ad essere informati correttamente vi sono di mezzo argomenti di grande valore deontologico come il rispetto della privacy, la raccolta e la custodia dei dati, la differenza tra dati riservati e dati sensibili.
Giuseppe Peleggi, responsabile della direzione rilevazioni statistiche, studi e ricerche di Fondazione Enpaia, ed esperto dell’uso di nuove tecnologie scruta questo spazio intorno all’essere umano sfidando le platee di giornalisti in tutta Italia a dare risposte a quelle che sono le inevitabili domande tra uomo e macchina, tra intelligenza umana e quella artificiale.
Lo abbiamo intervistato per Previdenza Agricola. La prima parte di questa intervista è stata pubblicata lo scorso 25 settembre e potrete recuperarla a questo link: https://www.previdenzaagricola.it/2024/09/25/nuove-connessioni-strategiche-per-futuro-del-settore-agricolo/
Dott. Peleggi Il suo lavoro si concentra sull’evoluzione dell’intelligenza umana e sull’impatto delle tecnologie. Lei ha parlato a lungo dell’effetto Flynn, un fenomeno che sembrava indicare un costante aumento del quoziente intellettivo. Tuttavia, negli ultimi anni, questo trend sembra essersi invertito. A cosa attribuisce questo cambiamento?
L’effetto Flynn, un aumento significativo del QI nelle generazioni successive, è stato un fenomeno affascinante. Tuttavia, diversi fattori potrebbero spiegare la sua recente inversione. Tra questi, citiamo la qualità dell’educazione, l’eccessivo utilizzo di tecnologie digitali e una diminuzione dell’abitudine alla lettura. È possibile che la nostra società, sempre più connessa e stimolata, stia in qualche modo sovraccaricando i nostri cervelli, alterando la nostra capacità di concentrazione.
Lei spesso sottolinea il ruolo fondamentale del linguaggio nell’evoluzione umana. Come spiega il fatto che il linguaggio, pur essendo una tecnologia così antica, continui a essere così potente e influente nella nostra società?
Il linguaggio è, in effetti, la tecnologia più antica e potente che possediamo. È ciò che ci distingue dagli altri animali, permettendoci di raccontare un passato e di proiettarci nel futuro, di trasmettere conoscenze, costruire culture e società complesse. La sua persistente influenza si spiega con la sua capacità di evolversi e adattarsi costantemente. Dal linguaggio parlato alla scrittura, fino alle sofisticate forme di comunicazione digitale, il linguaggio continua a plasmare il nostro modo di pensare e di interagire con il mondo. È uno strumento dinamico e versatile, in grado di adattarsi alle nuove sfide e opportunità che la nostra specie incontra.
Siamo di fronte ad un percorso evolutivo del linguaggio, dalla parola scritta alla comunicazione digitale. Come vede l’impatto delle tecnologie digitali sulla nostra capacità di comunicare e di pensare?
L’avvento delle tecnologie digitali ha rivoluzionato il modo in cui comunichiamo. La stampa, internet e ora l’intelligenza artificiale hanno ampliato enormemente le nostre possibilità di connetterci e di condividere informazioni. Tuttavia, questa rivoluzione ha anche sollevato nuove sfide. La velocità e la quantità di informazioni che ci circondano possono sovraccaricare i nostri cervelli e influenzare il nostro modo di pensare. È fondamentale sviluppare una cultura digitale critica, che ci permetta di navigare in questo nuovo panorama mediatico in modo consapevole e responsabile.
Torniamo ai nostri giorni. La competizione tra le grandi aziende tecnologiche per dominare il mercato dell’intelligenza artificiale è sempre più intensa. Quali sono le implicazioni di questa “guerra fredda” digitale per il futuro della società?
La corsa all’intelligenza artificiale tra le grandi aziende tecnologiche ha il potenziale di portare a innovazioni straordinarie, ma anche di creare squilibri di potere e di concentrare immense risorse nelle mani di pochi. È fondamentale che i governi e le istituzioni internazionali mettano in atto delle regolamentazioni adeguate a garantire che lo sviluppo dell’IA sia etico e al servizio dell’umanità.
Il ruolo dei semiconduttori nello sviluppo dell’intelligenza artificiale è cruciale. Come spiega l’ascesa di aziende come Nvidia e le implicazioni che questo ha per il mercato tecnologico?
I semiconduttori sono il cervello dei nostri dispositivi digitali. L’ascesa di aziende come Nvidia dimostra l’importanza crescente del calcolo ad alte prestazioni per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Questa concentrazione di potere in poche mani solleva preoccupazioni riguardo alla dipendenza tecnologica e alla sicurezza delle nostre infrastrutture digitali. È fondamentale promuovere la diversificazione e l’innovazione in questo settore.
C’è un interessante parallelismo tra i miti antichi e le ambizioni dell’umanità moderna. Come spiega questa continua ricerca dell’uomo di superare i propri limiti e di raggiungere una sorta di immortalità?
La ricerca dell’immortalità e del potere divino è un tema ricorrente nella storia dell’umanità. I miti, in questo senso, sono delle mappe che ci guidano in questo viaggio interiore. L’intelligenza artificiale, con la sua promessa di prolungare la vita e di migliorare le nostre capacità cognitive, sembra incarnare questo antico desiderio. Tuttavia, è fondamentale riflettere sulle implicazioni etiche di queste ambizioni.
Per caso ci vuol dire che ritorna a galla il mito della Torre di Babele, utilizzato come metafora per l’ambizione umana di controllare il mondo. Come collega questo mito alla nostra era digitale e allo sviluppo dell’intelligenza artificiale?
La storia della Torre di Babele ci insegna che l’ambizione smodata può portare alla divisione e alla confusione. Oggi, con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, rischiamo di ripetere gli stessi errori. La creazione di una superintelligenza potrebbe portare a una disuguaglianza senza precedenti e minacciare la nostra stessa esistenza. Torno sull’argomento anche se rischio di essere ripetitivo. Per avere un’idea di quali e quanto potenti siano le forze in campo basti pensare che NVIDIA è quotata con una capitalizzazione superiore ai 3000 miliardi di Dollari, importo molto vicino al nostro debito pubblico complessivo. È, quindi, fondamentale ed opportuno sviluppare un’etica dell’intelligenza artificiale che ci guidi in questa nuova era.
Dott. Peleggi a questo punto una riflessione sull’impatto che le grandi aziende tecnologiche possano sviluppare sulla società è giustificata. Come valuta il ruolo dei giganti del tech nello sviluppo dell’intelligenza artificiale e quali sono i rischi associati a questa concentrazione di potere?
Le grandi aziende tecnologiche svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, la concentrazione di potere in poche mani solleva preoccupazioni riguardo alla privacy, alla manipolazione dell’opinione pubblica e alla creazione di monopoli digitali. È necessario un approccio più collaborativo e trasparente, che coinvolga governi, aziende e società civile, per garantire che lo sviluppo dell’IA sia al servizio dell’umanità. Mi piace, però, pensare in positivo e penso che l’IA potrebbe sviluppare un impatto positivo sull’occupazione. Potremmo esplorare anche la possibilità che le macchine sviluppino una forma di coscienza e le implicazioni filosofiche che ne deriverebbero; ma anche le sfide etiche legate all’uso dei dati che in questi giorni occupano le prime pagine dei giornali nel nostro Paese. Potremmo, e concludo, discutere dell’importanza della privacy dei dati e dei rischi connessi all’utilizzo massiccio dei dati personali.
Credo che il discorso meriti un ulteriore approfondimento.
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