Negli ultimi anni la gestione dell’Enpaia ha registrato passi in avanti fondamentali in termini di trasparenza, efficienza, visione. L’utilizzo delle risorse si è dimostrato virtuoso, con bilanci e rendimenti in costante crescita e investimenti in economia reale. Azioni che hanno confermato quanto, nonostante le tante difficoltà e turbolenze dell’economia globale e degli scenari finanziari, la bilateralità e la previdenza agricola rappresentino sistemi avanzati e solidi, in grado di garantire tutele e assistenza strutturali a impiegati e addetti.
Guardando alle sfide future, è doveroso interrogarsi su come ampliare la partecipazione dei lavoratori dentro questo modello di governance della Fondazione. Il tema è complesso, ma è lecito pensare che i tempi siano maturi affinché nelle scelte strategiche si ampli gradualmente il peso delle lavoratrici e dei lavoratori, promuovendo un cambiamento epocale anche rispetto a un ente unico nel suo genere come l’Enpaia.
Ampliare la partecipazione significa anzitutto riconoscere grandi responsabilità a ciascuno e a tutti i livelli, valorizzando l’accresciuta consapevolezza dei cittadini e la centralità della persona nelle dinamiche di crescita e sviluppo. Va in questa direzione la proposta legislativa della Cisl, che mira, in nome della piena attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, a sostenere forme avanzate di coinvolgimento dei lavoratori alla gestione, ai risultati e all’organizzazione delle imprese. “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione – afferma la nostra Carta – la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
Si tratta di una prospettiva forte, che in Italia potrà servire a consolidare il protagonismo delle relazioni industriali e ad archiviare una visione univocamente antagonistica del sindacato. Ma soprattutto, un salto di qualità da perseguire insieme, parti sociali e istituzioni, nelle aziende, nei gruppi industriali, sul territorio e, perché no, negli enti previdenziali, rafforzando, con la contrattazione e gli strumenti della bilateralità, la rappresentanza delle lavoratrici e dei lavoratori, ad esempio nei consigli di amministrazione o di sorveglianza o almeno negli organi consultivi.
Un percorso di questo tipo andrebbe a consolidare ancora di più l’efficienza, la produttività, il controllo sugli investimenti anche in Enpaia. Mentre esistono già in diversi Paesi forme avanzate di co-gestione di questo tipo, in Italia siamo ancora indietro. Buone prassi esistono nell’industria alimentare, dove alcuni pochi grandi gruppi hanno il merito di aver intrapreso cambiamenti in tal senso, sperimentando nuove forme di democrazia economica, ad esempio con la partecipazione diretta o indiretta dei dipendenti all’azionariato. Ma resta da fare ancora molta strada, specialmente in altri settori e in ambito previdenziale.
Eppure, ci sono Paesi, come negli Usa, che proprio attraverso politiche più partecipative dei lavoratori e dei contribuenti hanno saputo indirizzare positivamente gli investimenti, ad esempio spostandoli gradualmente dalle economie dei carburanti fossili a quelle delle energie rinnovabili. Una via irrinunciabile per facilitare una transizione ecologica che, se da un lato pone inquietanti prospettive occupazionali, dall’altro presenta anche grandi opportunità di ricollocamento della forza lavoro e crescita di nuovi mercati. Purché, al centro del modello sociale ed economico di riferimento, ci sia sempre la persona e dunque il potenziamento delle competenze, della formazione, delle tutele cucite su misura.