di Barbara Poggiali, Presidente Fondo Italiano d’Investimento SGR
Il panorama italiano degli investitori istituzionali, nel complesso, conta oltre 800 soggetti che possono essere a loro volta classificati in (i) Fondazioni Bancarie (ii) Casse Privatizzate (iii) Fondi Pensione Negoziali; (iv) Fondi Pensione Preesistenti Autonomi; (v) Compagnie di Assicurazione.
Nonostante le crisi finanziarie che si sono susseguite tra il 2008 e il 2019 e, da ultima, la crisi sanitaria innescata dalla pandemia da COVID-19, il patrimonio di questi investitori è aumentato dai circa 400 miliardi di euro del 2007 ai 950 miliardi di euro del 2020, con un incremento del 136%. Tuttavia, la propensione di tali soggetti ad investire nella cosiddetta “economia reale” rimane estremamente eterogenea, variando a seconda della categoria di investitore.
Da un confronto internazionale, emerge, inoltre, una sensibile “sottoesposizione” degli investitori italiani a questa asset class. Al primo posto, con il 44% del patrimonio investito, si attestano le Fondazioni Bancarie (il cui impegno è per lo più riconducibile alle erogazioni sul territorio), che si confermano il maggiore investitore istituzionale per risorse destinate all’economia reale del Paese, seguite dalle Casse Privatizzate (con il 22%), dai Fondi Pensione Preesistenti Autonomi (con il 4%) e, per ultimo, con il 2,5%, dai Fondi Pensione Negoziali, storicamente caratterizzati da un approccio molto “conservativo”.
La situazione peggiora ulteriormente se si considerano solamente gli investimenti in fondi alternativi. Anche in questo caso, il tasso di penetrazione risulta estremamente eterogeneo, passando da una percentuale di circa il 20% (compreso il real estate) delle Casse Privatizzate ad uno 0,41% dei Fondi Pensione Negoziali, con una media di circa l’8% rispetto al patrimonio investito se si considera l’insieme degli investitori previdenziali. In questo contesto, Fondo Italiano d’Investimento SGR, dalla sua origine (nel 2010) ad oggi, contribuisce a convogliare capitali verso l’economia reale attraverso la gestione di 12 fondi ad oggi operativi, di cui quattro fondi diretti e otto fondi di fondi, per un totale di asset attualmente gestiti di circa 2,5 miliardi di euro e un capitale complessivamente investito dall’origine ad oggi di oltre 2 miliardi di euro. A fine 2021, l’insieme delle attività dei fondi diretti e fondi di fondi gestiti da FII SGR vede il coinvolgimento di oltre 600 aziende, per un fatturato complessivo di 41 miliardi di euro ed un totale di 218mila dipendenti.
Con l’obiettivo specifico di avvicinare “concretamente” i Fondi Pensione italiani di natura privatistica al mercato del private capital, nel 2019, FII SGR, con il supporto di CDP e Assofondipensione, ha lanciato il Progetto Economia Reale, che si concretizza in una piattaforma di investimento costituita da due fondi di fondi focalizzati sul private equity e sul private debt, gestiti da FII SGR, rispettivamente rappresentati da FOF Private Equity Italia e FOF Private Debt Italia. Ad oggi, il Progetto vede il coinvolgimento di 16 Fondi Pensione con 800 milioni di euro di masse raccolte (di cui €550 milioni da CDP). I due fondi di fondi hanno complessivamente sottoscritto 410 milioni di euro di quote in 14 fondi che hanno, a loro volta, investito in 60 aziende con un fatturato aggregato di circa 5 miliardi di euro.
Attraverso la sua attività e l’utilizzo di strumenti di “private capital”, FII SGR opera per sostenere la competitività del sistema industriale del Paese, supportando la crescita delle imprese italiane di eccellenza. Fino ad oggi, l’attività di investimento si è per lo più concentrata sul mondo dell’industria e su aziende con elevato potenziale di crescita come quelle ad alto contenuto tecnologico e quelle che esportano il “Made in Italy” all’estero (ad esempio aziende operanti nel settore della moda e dell’agrifood). Più complicato è stato, invece, l’incontro tra i nostri fondi e il mondo dell’arte e della cultura, il cui potenziale di sviluppo risulta tuttora ampiamente inespresso. Nonostante il nostro Paese sia accreditato detenere oltre il 50% del patrimonio artistico mondiale, uno studio del 2016 di Eurostat evidenzia come l’Italia si posizioni diciannovesima (su 28) nella graduatoria relativa alla percentuale di persone impegnate nel settore della cultura. Vi sono, pertanto, ampi margini per trasformare questo immenso patrimonio di arte e cultura in un’importante risorsa economica. Arte e cultura sono elementi distintivi dell’Italia nei quali, in ultima istanza, affonda le radici il successo del “Made in Italy”, sinonimo di gusto e bellezza. In quest’ambito, un operatore di private equity può sicuramente svolgere un ruolo importante, soprattutto nel cercare di creare dei campioni di gestione di questi asset, anche se va evidenziato che, al momento, in Italia vi è un numero molto limitato di fondi focalizzati su questo specifico settore. Discorso diverso per le aziende ambasciatrici nel mondo del “Made in Italy”, che sono da sempre “corteggiate” dai fondi di investimento grazie all’elevato potenziale di crescita che le contraddistingue. Per queste ultime, un operatore di private equity come FII può sicuramente rappresentare un valido interlocutore in grado di offrire non solo risorse finanziarie, ma anche competenze ed un ampio network di relazioni in grado di accelerarne lo sviluppo sia per linee interne che esterne.