di Stefano Mantegazza, Segretario generale Uila
Lo scenario che abbiamo di fronte è molto preoccupante: i prezzi dell’energia sono fuori controllo, la spesa di tutti i giorni è sempre più cara, il costo dei mutui sta rapidamente risalendo, le aziende rallentano la produzione, alcune la sospendono. Torna a crescere la cassa integrazione. Alla politica chiediamo l’assunzione di decisioni straordinarie per ridurre l’impatto dello shock energetico su imprese e famiglia. Chiediamo interventi strutturali che portino soldi freschi in tasca a lavoratori e pensionati. Le misure tampone messe in atto fino ad agosto sono state importanti: hanno raggiunto un valore pari al 3% del Pil e hanno protetto finora i consumatori dagli effetti più nefasti dell’impennata dei costi energetici. Ora, però, bisogna sostituire i bonus con interventi strutturali.
Come sindacato, siamo molto preoccupati perché l’inflazione non è uguale per tutti: colpisce in primo luogo i meno abbienti, i lavoratori a reddito fisso, gli stagionali, i pensionati; i prezzi che stanno salendo più rapidamente, energetici e alimentari, hanno infatti una maggiore rilevanza per le fasce a reddito più basso. La crisi in atto minaccia di allargare ulteriormente il divario tra ricchi e poveri nel nostro paese, una tendenza pressoché costante negli ultimi 15 anni e che rischia di ripercuotersi in un calo molto forte dei consumi con il rischio che il Paese cada in recessione. Non sono un tecnico e non so dire quanto le proposte che oggi sono di attualità siano facilmente realizzabili, ma nell’immediato non vedo alternative al tentativo di definire un limite al prezzo del gas e alla separazione dei prezzi delle diverse fonti di energia.
Abbiamo, dunque, da far fronte a sfide immediate, ma contemporaneamente dobbiamo ripensare in maniera più strutturale e di lungo periodo quale politica energetica per il Paese e come integrarla con la transizione ecologica in atto. La UILA è favorevole alla transizione energetica verso emissioni nette zero che oggi è ancora più urgente perché è la chiave per la sicurezza energetica dell’Europa. Questo obiettivo deve avere un respiro europeo perché il nazionalismo energetico non funziona in un mercato globale. L’Italia deve, a sua volta, mettere in atto una politica energetica, di cui si è colpevolmente dimenticata. Vanno eliminati tutti gli intralci burocratici che appesantiscono ogni richiesta di nuovo allaccio e la maggior parte dei vincoli paesaggistici e ambientali per puntare al raddoppio delle rinnovabili (al 2030) che porterebbe oltre tutto a 500 mila nuovi posti di lavoro.
Serve un piano straordinario di copertura fotovoltaica dei capannoni agricoli, degli edifici pubblici, degli impianti industriali e delle scuole. Dobbiamo convincere tutti che l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili di energia sono strumenti di tutela ambientale e che la concezione di paesaggio deve evolvere al passo con i tempi. Chiediamo di diffondere la scelta delle Comunità energetiche, sbloccando i decreti attuativi e emanando il Bando del PNRR per i Comuni sotto i 5000 abitanti. Le parti sociali devono impegnarsi affinchè imprese, enti locali, cittadini si mettano insieme per realizzare reti di impianti che generano e condividono l’energia prodotta da fonti rinnovabili. Se ne potrebbero realizzare migliaia nel nostro Paese e diventare così il simbolo di un nuovo protagonismo sociale.
Il PNRR destina a queste comunità ben 2,2 miliardi di euro.
Chiediamo al Ministero della Transizione energetica di emanare il decreto che fissi l’entità e le modalità di accesso agli incentivi. Come UILA siamo convinti, inoltre, che, a fronte di avvenimenti che hanno cambiato il paradigma della globalizzazione, alcuni obiettivi della transizione verde vadano ridisegnati nei tempi e nelle modalità di attuazione. Non ci piacciono i furori ideologici anche perché, dati alla mano, il modello di sviluppo italiano risulta essere uno dei più sostenibili. Dobbiamo migliorarlo ulteriormente, ma ci opporremo sempre a decrescite infelici da compiere a danno delle imprese e delle persone. Lo diciamo chiaramente: non condividiamo alcune recenti scelte assunte dall’Unione perché non tengono conto degli impatti negativi che si produrranno, sia a livello economico che sociale.
La plastica, l’automotive, l’energia e l’agro-alimentare sono gli ambiti in cui le posizioni espresse dall’Europa non tengono in debito conto gli obiettivi di sostenibilità tecnologica, economica e sociale. Se li dovessimo accettare senza modificarli minerebbero al cuore il tessuto agricolo e industriale del nostro paese. Il mantra che dobbiamo ripetere ovunque a partire dalle scuole è che l’agro-alimentare sostenibile non sia un ritorno al passato, ma una proiezione verso il futuro. Per fare un esempio: siamo contrari alla drastica riduzione di pesticidi e anticrittogamici da attuare entro il 2030 perché avrebbe ricadute drammatiche sulla produttività delle aziende e sulla occupazione con la beffa finale dell’incremento dell’import da Paesi terzi che hanno su questo fronte regole ben più blande delle nostre.
Questo non vuol dire che i compiti a casa per l’Italia siano finiti, tutt’altro come UILA individuiamo tre linee di intervento su cui dobbiamo operare con maggiore rapidità: delle energie rinnovabili ho già detto, le altre riguardano una nuova politica delle acque e una migliore tutela del territorio. Ma di questi due aspetti parleremo un’altra volta.