Un dato Covip stimola qualche riflessione sui fondi pensione: nel 2022 rendimenti dei fondi pensione sono risultati negativi, a fronte della rivalutazione del TFR che invece è stata positiva.
La riflessione è questa: siamo sicuri che i fondi pensione siano convenienti e che, per chi può, sia meglio versare il TFR nel fondo pensione?
Il dubbio è legittimo, ma anticipiamo che, dati alla mano, resta preferibile aderire quanto prima alla previdenza complementare versando il proprio TFR maturando, usufruendo del contributo a carico del datore di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva e beneficiando dei vantaggi della fiscalità di favore.
Ecco spiegato perché:
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Il fondo pensione è di lungo periodo
Esaminando con attenzione i dati Covip, negativi nell’anno 2022, emerge invece con chiarezza che il rendimento a 10 anni batte il TFR.
Quindi possiamo affermare che chi ha aderito per tempo ha avuto rendimenti medi annui superiori alla rivalutazione del TFR.
Non dobbiamo dimenticare, poi, che il fondo pensione è un piano di accumulo nel quale versiamo periodicamente TFR e contribuzione: quindi il rendimento del comparto non necessariamente coincide con il rendimento dell’iscritto, che anzi può essere positivo se il valore di quota del momento di uscita è superiore a quello del versamento. In pratica, quando il fondo pensione ha un rendimento negativo, questo incide sui versamenti recenti, ma probabilmente l’aderente conserva un rendimento positivo sui versamenti più risalenti. Possiamo anzi aggiungere che questi rendimenti positivi rendono paradossalmente il momento propizio per il versamento di maggiore contribuzione, perché in questo momento “acquistiamo a poco” ed abbiamo prospettive di migliori rivalutazioni.
Se dunque abbiamo aderito per tempo al nostro fondo pensione, abbiamo scelto il comparto giusto e abbiamo poi verificato nel tempo che il comparto scelto originariamente fosse quello più indicato per noi, un anno di rendimenti negativi è superabile.
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Il contributo a carico del datore di lavoro ci spetta solo se aderiamo al fondo pensione
Il confronto tra la rivalutazione del TFR e il rendimento del fondo pensione è un esercizio che può avere un impatto mediatico, ma non tiene conto del fatto che chi lascia il TFR presso il datore di lavoro non beneficia del contributo a carico del datore di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva. Solitamente il contributo datoriale è tra l’1 e il 2%, a fronte di un analogo versamento del lavoratore: in altri termini, versando il 100% del TFR – 6,91% della retribuzione – più il 2% a nostro carico (totale 8,91%) otteniamo un 2% che altrimenti perderemmo. Si tratta di un “rendimento” importante che non viene conteggiato se confrontiamo il TFR e il fondo pensione.
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I fondi pensione hanno una fiscalità di vantaggio
Da ultimo va ricordata la fiscalità di favore dei fondi pensione: il TFR è soggetto a tassazione separata e successiva liquidazione d’ufficio da parte dell’Agenzia delle Entrate, mentre quello stesso TFR, se versato nel fondo pensione, sarà assoggettato a una tassazione che può arrivare anche al 9%, in caso di prestazione pensionistica – anche per la parte in capitale – dopo 35 anni di iscrizione al fondo pensione.
A queste considerazioni possiamo infine aggiungere che l’adesione al II pilastro, oltre che vantaggiosa, è anche fondamentale per poter ottenere, soprattutto per i contributivi puri, una pensione complessivamente sufficiente tra I e II pilastro. I rendimenti negativi, in questo contesto, devono indurci a valutare meglio e periodicamente le scelte di allocazione, che sono nella nostra responsabilità, manutenendo periodicamente il nostro percorso di accumulo pensionistico.