L’utilizzo delle cover crop, intese come colture intercalari tra due periodi di normale coltivazione di specie da reddito, è una pratica antica che continua a dimostrare grandi potenzialità per una gestione sostenibile degli agroecosistemi. Molti benefici sono associati all’utilizzo delle cover crop tra cui: la riduzione dell’erosione del suolo e della lisciviazione delle forme molto mobili di alcuni nutrienti, l’incremento della biodiversità e della sostanza organica del suolo, la riduzione della presenza nel suolo di patogeni, nematodi e malerbe. L’utilizzo delle cover crop è stato promosso nell’ultima politica agricola comunitaria europea (CAP) 2023-2027 stabilendo incentivi economici per gli agricoltori disposti ad introdurle nelle loro aziende.
L’incentivo all’utilizzo delle cover crop richiede una conoscenza approfondita di questa pratica, dei suoi vantaggi e delle sue limitazioni, affinchè gli agricoltori possano scegliere la soluzione più adatta alle loro esigenze, che risulti efficiente e garantisca allo stesso tempo una produzione delle colture da reddito equivalente o superiore allo standard. In questo contesto, un importante snodo è rappresentato dalla scelta della specie di cover crop. A seguire, la gestione della loro semina e terminazione (scegliendo le date più adatte in base all’alternanza con le colture da reddito). Tutti questi elementi, fortemente legati in modo specifico a ciascun sito di produzione e successione colturale, risultano determinanti per garantire i benefici di questa pratica. Numerose ricerche sono state infatti realizzate a livello internazionale in vari areali e tutt’ora moltissime sperimentazioni vengono svolte per garantire informazioni sempre più sito-specifiche sulle migliori specie di cover crop e le più adatte modalità di gestione per garantire il massimo dei benefici.
I risultati di tali ricerche hanno dimostrato che specie appartenenti a famiglie botaniche diverse possono apportare allo stesso tempo differenti vantaggi e limitazioni. Ad esempio, solitamente le specie leguminose (trifogli, veccia, pisello etc…), fissando azoto atmosferico, riescono ad arricchire il terreno di questo elemento favorendo la crescita della coltura successiva. Esse vengono consigliate in rotazione con colture da reddito dall’alto fabbisogno di azoto (es. mais) che sono in grado di utilizzare già nelle prime fasi di crescita tale nutriente rilasciato dai residui delle cover crop leguminose. Specie graminacee (segale, avena, triticale, orzo, loiessa, etc…) invece vengono solitamente utilizzate per catturare azoto dal terreno (azione di “catch crop”), riducendone le potenziali perdite nell’ambiente. Esse vengono spesso suggerite come “catch crop” per l’azoto residuo dalle fertilizzazioni nella precessione colturale, ma rischiano di immobilizzare nella loro biomassa questo elemento, non rendendolo disponibile nelle prime fase di crescita della coltura successiva. Specie brassicacee (senape, rafano, etc…) possono avere un ruolo di difesa della coltura da reddito successiva in quanto rilasciano sostante chimiche (allelopatiche) che hanno un effetto tossico per nematodi, insetti terricoli e in alcuni casi gli elateridi. Di notevole interesse sono anche i risultati raccolti da sperimentazioni in cui sono stati testati miscugli di specie diverse o la coltivazione di singole specie e/o miscugli in consociazione nell’interfila delle colture da reddito.
In Italia molti studi sono stati condotti per valutare l’introduzione delle cover crop. Nello specifico, in Veneto, il Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente (DAFNAE) dell’Università di Padova, tra le varie sperimentazioni, ne ha condotto una di tre anni per valutare gli effetti di varie specie di cover crop invernali all’interno di una rotazione convenzionale di mais e soia. Lo studio ha testato tre sistemi di gestione: un trattamento fisso in cui una cover crop graminacea (triticale) è stata coltivata in tutti e tre gli anni; un trattamento di successione in cui si sono susseguite la segale (I anno), il trifoglio incarnato (II anno) e la senape (III anno); ed infine un trattamento di controllo dove non sono state coltivate cover crop lasciando sviluppare in inverno la vegetazione spontanea.
I risultati della sperimentazione hanno mostrato che nessun sistema di gestione delle cover crop ha comportato una diminuzione della produzione finale del mais e della soia, rispetto al controllo. Tale testimonianza risulta cruciale in quanto uno dei principali fattori limitanti all’introduzione di nuove pratiche agricole è proprio il timore di dover affrontare perdite di produzione e quindi di reddito. Le diverse specie testate hanno confermato i diversi ruoli che esse possono assumere all’interno di una rotazione agricola. Le graminacee, segale e triticale, hanno agito come catch crop invernali, limitando la presenza di nitrati nel terreno durante fasi ad alto rischio di lisciviazione. Tuttavia, il triticale ha mostrato una leggera immobilizazione dell’azoto durante le stagioni estive, provocando una minore disponibilità temporanea di azoto nelle prime fasi di crescita del mais, senza però compromettere la resa finale. Il problema non si è verificato con la soia, in quanto leguminosa azotofissatrice. Il trifoglio si è confermato in grado di stimolare notevolmente, grazie alla qualità dei suoi residui, le attività di mineralizzazione da parte dei microorganismi e quindi di rilasciare azoto disponibile per la coltura da reddito successiva. La senape ha mostrato una buona capacità sia di catturare azoto durante l’inverno (anche se meno delle graminacee) sia di rilasciarlo, attraverso la decomposizione dei suoi residui, durante la stagione colturale successiva.
La sperimentazione ha permesso di concludere che l’utilizzo di cover crop di trifoglio si può consigliare nei casi in cui sussegua una coltura dall’alto fabbisogno azotato. I suoi apporti di azoto consentirebbero di ridurre le quantità di azoto minerale da applicare. Le graminacee sono suggerite per il controllo dell’azoto residuo che si possono preferibilmente utilizzare prima della coltivazione di una leguminosa da reddito. La senape, oltre alle sue capacità di controllo patogeni, sembra riuscire a garantire anche un parziale controllo dell’azoto residuale nella stagione invernale, senza per forza incorrere in una successiva immobilizazione dell’elemento.
Un futuro approfondimento includerà lo studio di queste specie in miscuglio; tuttavia, i risultati raccolti finora confermano che diverse specie di cover crop si possono introdurre in sistemi di produzione anche convenzionali per gestire molti aspetti tra cui il ciclo dell’azoto, senza rischiare di diminuire le produzioni finali delle colture da reddito.
di Giorgia Raimondi, Carmelo Maucieri, Maurizio Borin, Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente – Università degli Studi di Padova