di Alessandro Servadei, Presidente Collegio dei Revisori di Enpaia
“I cambiamenti nel sistema non dipendono solo dalle leggi, bensì anche e soprattutto dalla loro applicazione pratica. L’attuazione della riforma richiede un cambiamento culturale”. Con queste parole si apriva la relazione del Centro Studi Confindustria sulla riforma del diritto concorsuale nel 2005, primo lontano tentativo per evitare che la difficoltà di un’impresa avesse come unica conseguenza la sua cessazione, attraverso norme che avrebbero voluto allontanare la gestione della crisi da tribunali (asseritamente) kafkiani per consegnarla a logiche di mercato ritenute più efficienti ed efficaci.
Non solo non ci fu l’auspicato cambiamento culturale, ma all’opposto si aprì una stagione di abusi delle nuove norme che portò ad un conflitto non dichiarato tra il mondo delle imprese e della magistratura, chiamata a contrastare la degenerazione del sistema concorsuale acuitasi dopo la crisi del 2008.
Dal confronto, a volte anche cruento, emerse non senza difficoltà che dal paradigma del cordone sanitario intorno all’impresa malata e della pubblica gogna per un imprenditore (incapace o disonesto), si doveva passare ad una nuova stagione di consapevolezza del valore sociale di un’impresa e di aiuto in caso di difficoltà per salvarne la continuità, e quindi anche i posti di lavoro. La crisi non più come elemento patologico, ma fisiologico di un’impresa in un mondo instabile ed in costante evoluzione. Dai “Delitti e delle pene” a “Delle virtù e dei premi”: un imprenditore virtuoso in difficoltà deve essere premiato aiutandolo a ristrutturare la sua azienda, e non essere punito per il semplice fatto di trovarsi in crisi.
Un percorso difficile, con un mondo professionale (ancorato a valori etici) e giudiziale alla continua rincorsa di un legislatore che ogni due anni torturava le norme senza la possibilità di un formante dottrinale e giurisprudenziale, permettendo a maghi ciarlatani (pseudo consulenti senza etica) di promettere soluzioni salvifiche che hanno solo creato concorrenza sleale, riempito le Procure delle Repubbliche, privatizzato gli utili e collettivizzato le perdite.
Un quadro fotografato con pungente lucidità nel 2016 negli atti della Camera dei Deputati in sede di esame del nuovo Codice della Crisi: “Emerge un quadro allarmante sull’incapacità delle imprese italiane – per lo più medie o piccole imprese – di promuovere autonomamente processi di ristrutturazione precoce per una serie di fattori che ne riducono la competitività (sottodimensionamento, capitalismo familiare, personalismo autoreferenziale dell’imprenditore, debolezza degli assetti di corporate governance, carenze nei sistemi operativi, assenza di monitoraggio e di pianificazione a breve termine … bisogna agire sulle cause endemiche e culturali del ritardo con cui le imprese italiane si attivano per affrontare la crisi”
Una presa di coscienza indispensabile di fronte a governi e banche centrali non più in grado di sopportare uno shock come quello del 2008.
Questa è la sintesi del perché il legislatore (a livello europeo) abbia ritenuto necessario normare la miglior dottrina e giurisprudenza in materia di adeguati assetti organizzativi e corretta amministrazione: da best practices ad imperativi di legge ineludibili per l’imprenditore.
Il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 ed il decreto legge 24 agosto 2021, n. 118 sono le due principali norme di riferimento, destinate prima di tutto alle imprese “sane” per salvaguardare la continuità aziendale.
Queste norme si applicano anche alle imprese agricole, con alcune specificità del settore, ma con principi e paradigmi identici a quelli delle imprese industriali e commerciali, sia che si tratti di imprese individuali, che di società. La prima norma è entrata in vigore il 16/03/2019, mentre la seconda in data 15/11/2021; ulteriori strumenti utili per la gestione delle crisi delle imprese agricole saranno attuati dal 16/05/2022.
Adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e per le imprese collettive il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché l’obbligo di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale, sono i precetti a cui ogni imprenditore deve attenersi per evitare di incorrere in pesanti responsabilità che non sorgono a seguito della crisi, ma per non essere stati capaci di prevenirla e nel caso gestirla.
Dopo quasi quindici anni l’auspicato cambiamento culturale è stato avviato: dalla mera tutela dei creditori di un’impresa destinata a morire, si è finalmente giunti alla volontà di prevenire la crisi e nel caso gestirla per dare comunque una continuità (anche indiretta) all’attività e salvaguardare i lavoratori, con la speranza di ridurre quanto più possibile la dicotomia pasoliniana tra sviluppo e progresso: senza un’impresa non c’è lavoro, ma senza i lavoratori non ci sono imprese, pur con tutte le nuove tecnologie. Già si parla di un futuro in cui il prelievo previdenziale graverà anche sulla robotica, ma per ora i contributi li versano imprese e lavoratori.
E’ quindi necessaria una rinnovata alleanza tra parti datoriali, parti sindacali e mondo professionale per il rispetto delle nuove norme.
La consapevolezza di questa nuova realtà, applicabile anche alle imprese agricole, ha condotto alla creazione di un tavolo nazionale presso il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) in cui siedono tutte le principali Confederazioni del settore dell’agricoltura e che nel 2021 ha emanato le “Linee guida per il risanamento delle imprese agricole”, che si vanno ad aggiungere ad altre linee guida del CNDCEC.
In questo contesto l’attività di welfare attivo di Enpaia (comprensiva della Gestione Speciale dei Consorzi di Bonifica e delle Gestioni Separate dei Periti Agrari e degli Agrotecnici) diventa rilevante e doverosa, unitamente all’attività di informazione, formazione ed erogazione di servizi consulenziali di tutte le parti costitutive dell’Ente, per preservare un tessuto di imprese e di persone (dipendenti e professionisti) che ha fatto dell’agricoltura italiana un’eccellenza mondiale.
Un percorso indispensabile affinché “non ci si butti mai a capofitto nell’azione, che non si subisca passivamente la situazione, che si coordinino le azioni, che si facciano scelte ragionate, che ci si propongano mete intermedie, salvo a correggere l’itinerario durante il percorso, ad adattare i mezzi al fine, a riconoscere le vie sbagliate e ad abbandonarle una volta riconosciute” (Norberto Bobbio – L’etica del labirinto).