di Massimiliano Giansanti, Presidente Confagricoltura
Il settore agricolo va sostenuto per consolidare il suo ruolo chiave per una crescita in termini ambientali, sociali ed economici. Non solo su scala nazionale, ma anche europea. L’attuale scenario geopolitico ha messo ulteriormente in luce che senza agricoltura non c’è cibo, non c’è vita, non c’è futuro. Se il settore ha retto alla pandemia, dimostrando la sua centralità e garantendo provviste per tutti, oggi la guerra fa riemergere preoccupazioni e incertezze che sembravano lontane. E la priorità diventa evitare una crisi alimentare internazionale. Per questo Confagricoltura è convinta che sia indispensabile fornire un sostegno urgente e coordinato ai Paesi in situazione di insicurezza alimentare, come è emerso dalla recente richiesta congiunta che è stata indirizzata alla comunità internazionale dai leader della Banca mondiale, della FAO, del Fondo monetario internazionale (FMI) e dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO). Il forte aumento dei prezzi delle materie prime agricole e la carenza di forniture stanno spingendo milioni di persone verso la povertà e la denutrizione. Il Fondo monetario internazionale, in particolare, ha rivisto al ribasso le previsioni relative alla crescita economica su scala globale per l’anno in corso e per il 2023, sostenendo inoltre che, a causa della guerra in corso, sono attesi danni pesanti per i Paesi che più dipendono da Ucraina e Russia per le forniture di cereali ed energia.
Le vendite all’estero di grano e orzo dei due Stati incidono per il 30% sul totale delle esportazioni mondiali e l’Ucraina è il quarto esportatore mondiale di mais. Alla luce di questi scenari, c’è da rivedere il nuovo corso della PAC affinché sia adeguato alle sfide alle quali l’Unione europea è chiamata a rispondere. Il potenziale produttivo dell’agricoltura Ue, che è tra i più avanzati al mondo, e la competitività delle imprese che producono per il mercato vanno salvaguardati. Va anche ricordato che i capi di Stato e di governo della UE hanno preso posizione a favore della riduzione della dipendenza dalle importazioni di prodotti agricoli chiave e hanno chiesto alla Commissione di affrontare la questione della sicurezza alimentare globale. Non si tratta di rimettere in discussione gli obiettivi della transizione ambientale, ma di assicurare, come è possibile grazie alle innovazioni tecnologiche, la sostenibilità ambientale dell’agricoltura europea con quella sociale ed economica.
L’agricoltura rischia di subire l’eccezionale aumento dei costi, che impatta drammaticamente sulla debolezza finanziaria del settore. Se a questo si aggiunge il timore di un’elevata inflazione accompagnata dal rallentamento nella crescita, il sentiment delle nostre imprese, proprio quando sono chiamate a un maggiore sforzo produttivo per garantire la sicurezza alimentare, è pessimistico. Per questo Confagricoltura ha sollecitato, a livello nazionale, un intervento urgente su energia, fertilizzanti e mangimi, che hanno raggiunto costi non più sostenibili. Serve una rapida azione di contrasto all’aumento esponenziale di questi costi con misure specifiche in ambito fiscale e creditizio. La Confederazione si è mossa in questo periodo in modo proattivo stringendo accordi con molti istituti di credito sensibili a queste tematiche del settore primario, in modo da garantire liquidità alle imprese. Alle urgenze dettate dall’agenda si aggiungono le altri grandi sfide a cui è chiamata l’agricoltura e che non devono essere abbandonate: le strategie internazionali sui cambiamenti climatici e sullo sviluppo sostenibile, il Piano di azione europeo sul Green Deal, la nuova PAC, il PNRR, che stanno via via delineando il percorso verso la transizione ecologica, energetica e digitale del nostro Paese.
Un impegno a tutto tondo, che richiama le imprese agricole a una profonda innovazione dei processi produttivi, delle pratiche agronomiche, dei sistemi di allevamento. Mitigazione, adattamento, decarbonizzazione e neutralità sono le parole chiave della sfida climatica, anche, e soprattutto, per il comparto zootecnico e quello forestale. In tale contesto le aziende agricole possono assumere un ruolo centrale nella transizione energetica, contribuendo non solo alla decarbonizzazione attraverso la produzione di energia rinnovabile nei settori della termica, dell’elettricità e dei biocarburanti, ma anche favorendo un incremento della capacità di assorbimento di CO2 nei suoli e nei vegetali. Tutto ciò partecipando al processo di crescita della bioeconomia e dell’economia circolare e portando nuove opportunità di reddito nelle aree interne del Paese, dove la disponibilità di biomasse è ampia ma scarsamente valorizzata.
E poi per le nostre imprese il fattore energetico rappresenta un elemento che incide in misura importante sui costi di produzione. Confagricoltura è molto preoccupata per i rincari delle forniture energetiche, ma è anche fermamente convinta che proprio la diffusione delle rinnovabili in agricoltura e l’efficientamento energetico dei processi produttivi siano un’opportunità per migliorare la sostenibilità ambientale delle produzioni e per ridurre la domanda esterna di energia. Finora lo sviluppo delle agroenergie nella maggior parte delle imprese del settore primario ha portato a un rilancio di produzioni agricole che rischiavano di avere futuro incerto. Crediamo invece alle agroenergie anche a favore dei territori, in considerazione delle ricadute economiche su ambiente, occupazione, industria, aziende agromeccaniche, etc… I risultati del settore sono importanti e Confagricoltura ha dato un contributo fondamentale per raggiungerli, guardando sempre con attenzione all’innovazione, alla produttività, alla competitività, anche attraverso la diversificazione delle attività aziendali, con una forte attenzione alla sostenibilità ambientale. Nonostante l’importante sviluppo delle agroenergie, le raccomandazioni della Commissione europea per il piano strategico italiano hanno tuttavia messo in evidenza che in Italia la produzione di energia rinnovabile dal settore agricolo e forestale è al di sotto della media dell’UE, nonostante un potenziale significativo di produzione di biomassa, energia solare ed eolica sui terreni agricoli.
Il recente rapporto dell’IPCC sottolinea che la società ha bisogno di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 45 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010 e raggiungere le emissioni nette pari a zero entro il 2050 per rispettare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di un aumento di temperatura contenuto a 1,5°C, conservando e ripristinando allo stesso tempo biodiversità e riducendo al minimo l’inquinamento ed i rifiuti. Al ritmo attuale, però l’aumento di 1,5°C si raggiungerà già nel 2040 e, se non interverranno politiche più incisive, nel 2100 l’aumento sarà di almeno 3°C. In questo quadro occorre inoltre considerare che, entro il 2050, la popolazione mondiale arriverà a quasi 9 miliardi, con la conseguenza che la produzione di energia dovrà aumentare di circa il 50% e la disponibilità di cibo del 70%. Nutrire l’umanità, garantire la sicurezza idrica ed energetica e migliorare la sostenibilità ambientale sono obiettivi complementari e strettamente interdipendenti. Per tali motivi, politiche, tecnologie e pratiche di gestione devono essere attuate all’interno di una strategia interconnessa agricoltura-pesca-silvicoltura-acqua-energia.
Le soluzioni basate sulla natura, come la riforestazione con alberi autoctoni, il ripristino di terreni degradati, una migliore gestione del suolo e l’agroforestazione possono contribuire in modo significativo a ridurre l’anidride carbonica in atmosfera. Tali soluzioni sono state stimate in grado di fornire tra il 35% e il 40% dello sforzo di mitigazione necessario fino al 2030. E anche in questo caso si mette in luce il ruolo fondamentale dell’agricoltura nella transizione ecologica ed energetica per la propria capacità di sviluppo delle rinnovabili, efficientamento processi produttivi, riduzione delle emissioni, gestione del suolo e assorbimento di CO2. L’azienda agricola del futuro potrà essere competitiva nella misura in cui saprà collegarsi ai diversi mercati dell’economia, anche riappropriandosi di mercati del passato (energia/materiali/ecc.) in chiave moderna. Questo significa migliorare la capacità di gestione delle risorse naturali e delle risorse biologiche conciliando l’attività produttiva con i cicli naturali e la biodiversità, attraverso innovazioni nei sistemi di produzione e nei prodotti.
In questa direzione un grande contributo sarà dato dall’adozione di sistemi di agricoltura di precisione, dall’utilizzo crescente di concimi organici, dalla produzione di energie rinnovabili, dall’efficientamento delle strutture di produzione e allevamento, dal recupero e dalla valorizzazione dei sottoprodotti, dall’incremento della sostanza organica nei suoli attraverso le coltivazioni. Un percorso complesso che apre a un sistema produttivo innovativo e più sostenibile, maggiormente connesso ad altri settori economici, quali, appunto energia, trasporto, edilizia e tessile.
Queste sono le sfide attuali e a lungo termine sui quali dobbiamo ragionare e agire in tempi stretti, in una strategia comune di crescita e condivisione.