di Onofrio Rota, Segretario Generale Fai Cisl
In diverse occasioni abbiamo definito l’Enpaia come una sorta di casa dell’agricoltura italiana. E di questa mission della Fondazione oggi abbiamo sempre più prove, grazie a una visione che prende forma passando per nuovi investimenti, più prestazioni e incremento degli iscritti, tra i quali peraltro va riducendosi il divario di genere.
Il ruolo della Fondazione sarà sempre più determinante perché la nostra agricoltura si è affermata come asset strategico per la crescita del Paese e per la tenuta del tessuto sociale. Oggi, però, le urgenze che siamo chiamati ad affrontare, legate soprattutto all’invasione russa dell’Ucraina, hanno fatto emergere ancora di più il bisogno di sostenere il comparto primario per garantire l’accesso al cibo e la sicurezza alimentare, ma anche il presidio delle nostre aree interne e rurali.
Dunque il settore primario deve affermarsi in misura ancora maggiore, e per farlo bisogna mettere al centro dell’attenzione politica e sociale il lavoro. Perché dietro ai successi del Made in Italy agroalimentare c’è la fatica di quel milione di lavoratori e lavoratrici che è nostro dovere tutelare al meglio, con gli strumenti della buona contrattazione, della bilateralità, di un sistema previdenziale equilibrato. Ma anche, aggiungerei, con una previdenza complementare avanzata, moderna, che proprio nell’Enpaia potrebbe trovare il luogo più idoneo in cui essere realizzata.
È assai significativo che il Ministero delle politiche agricole abbia assunto con il nuovo Governo la denominazione di Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare e delle foreste. Ma la visione che dovremmo promuovere, con questo cambiamento, non è da intendere tanto come sovranismo, quanto come una maggiore tutela del lavoro italiano e delle nostre produzioni, sempre più spesso attenzionate da speculazioni e meccanismi distorsivi. Pensiamo ad esempio all’italian sounding, che secondo le camere di commercio italiane all’estero ha raggiunto oramai un valore di quasi 80 miliardi. Pensiamo poi all’etichetta europea Nutriscore, dannosa per la dieta mediterranea e i consumatori. Ma pensiamo anche al cibo cosiddetto sintetico, che mortifica il lavoro, le specificità culturali e territoriali, e le tante imprese che hanno reso il sistema zootecnico italiano tra i più sostenibili al mondo.
Chiaramente, una sovranità rivolta a mangiare soltanto ciò che produciamo sarebbe utopistica. Sappiamo bene che non possiamo produrre e trasformare avvalendoci esclusivamente dei nostri prodotti, anche perché abbiamo un’industria di trasformazione alimentare molto sviluppata, che dimostra di saper stare sui mercati globali, e anche questo deve essere considerato un orgoglio nazionale.
Tutto questo ci ricorda che la vera sovranità alimentare la fanno i lavoratori, che pertanto dobbiamo saper mettere in condizione di operare con più sicurezza, con maggiori competenze, tutele sociali più adeguate. E questa visione è completamente in contrasto con la triste realtà del caporalato, dello sfruttamento, dell’applicazione di contratti pirata che danneggiano le imprese sane diffondendo pratiche di dumping sociale.
Il ruolo dell’Enpaia è dunque strategico anche per sostenere le battaglie del sindacato per ottenere un settore agricolo sempre più pulito, il che necessita anche di maggiori sostegni agli organi ispettivi, più controlli, e concreta realizzazione del principio della condizionalità sociale, che abbiamo finalmente ottenuto nell’ambito della nuova Pac, il cui Piano strategico nazionale è stato approvato nei giorni scorsi dalla Commissione europea.
Principio confermato positivamente anche dal recente decreto interministeriale siglato dal Ministro Lollobrigida, e che ora deve vederci uniti per attuare concretamente le nuove regole. Sarebbe profondamente sbagliato temere la condizionalità sociale, considerarla come un semplice sistema sanzionatorio o un ostacolo burocratico per le imprese: al contrario, rappresenta un’opportunità in più proprio per penalizzare la concorrenza sleale. Per questo siamo pienamente fiduciosi nel fatto che sapremo attuare le nuove norme nel miglior modo possibile già da gennaio 2023.
Però attenzione, le grandi difficoltà che stiamo vivendo, non devono indurci a fare passi falsi, come ad esempio l’estensione del voucher in agricoltura prevista dal Governo con la recente manovra. Ciò che non funziona, in Italia, è il mercato del lavoro, è l’incrocio tra domanda e offerta di manodopera, è la formazione del personale, che deve essere sempre più qualificato. Il problema non è la flessibilità, già ampiamente garantita dal contratto nazionale. Ecco perché come Fai Cisl abbiamo chiesto di avviare al più presto un tavolo di confronto, con il ministero dell’Agricoltura e il ministero del Lavoro, perché parti sociali e Governo possano costruire insieme un modo per normare il lavoro senza indebolire la contrattazione, senza rendere più precario il lavoro, senza incrinare le tutele previdenziali e di welfare di cui i nostri lavoratori hanno assoluta necessità. E siamo certi che anche la Fondazione sia dalla nostra parte nel perseguire questa direzione, che è quella del lavoro buono, ben contrattualizzato e qualificato.
Buon anno nuovo a tutti i lettori della newsletter Enpaia.