di Paolo Pellegrini, Vice Direttore Mefop
Il 19 gennaio scorso il Ministro del Lavoro ha promosso un incontro con le Parti sociali per avviare una riflessione congiunta sul futuro delle pensioni.
Obiettivo dichiarato dell’incontro è raccogliere idee e proposte per superare l’approccio che ha caratterizzato gli ultimi anni rispetto ai requisiti di accesso Fornero, vale a dire affrontare di anno in anno, con misure temporanee o sperimentali, il superamento di scaloni e scalini che si venivano a creare per accedere al pensionamento. L’idea sarebbe quella di trasformare il tema delle pensioni da una riforma senza fine nella fine delle riforme, raggiungendo un assetto con requisiti equi, flessibili e soprattutto stabili nel tempo, così da consentire ai cittadini di pianificare per tempo il proprio percorso di accumulo pensionistico.
Un punto di partenza potrà essere la piattaforma sindacale unitaria di Cgil, Cisl e Uil, cui si aggiungeranno le proposte delle altre organizzazioni presenti al tavolo del Ministero.
Nelle more di capire che piega prenderà il confronto e quante risorse potranno essere messe in campo dall’Esecutivo, è possibile riprendere alcuni spunti dal passato.
Un primo tema riguarda i lavori usuranti e gravosi per i quali è necessario introdurre regole che tengano conto della difficoltà di restare in servizio per alcuni lavoratori. Immaginiamo che il confronto su questo tema sarà delicato.
In questo contesto, accanto alla flessibilità in uscita per le categorie di lavori che saranno individuati, potrebbe essere estesa e stabilizzata l’Ape sociale, prorogata di un anno senza modifiche dall’ultima legge di bilancio, eventualmente nella forma parziale, accompagnata ad una riduzione dell’orario di lavoro, con forme di part-time in uscita.
Altro capitolo che merita attenzione è l’opzione donna. La formulazione definitiva della proroga contenuta nell’ultima legge di bilancio – limitata alle caregiver e alle invalide civili con 60 anni di età e 35 di contributi entro il 2022, con riduzione del requisito anagrafico di un anno (59) per le lavoratrici con un figlio e di due anni (58 anni) per quelle con almeno due figli o che siano state licenziate – ha sollevato qualche malumore e su questo il Ministro si è detta pronta a intervenire.
Si potrebbe però valutare se estendere questa forma di flessibilità, eventualmente riducendo i benefici in termini di età di accesso, anche agli uomini che optino per il contributivo, purché la pensione sia di importo sufficiente.
Una ulteriore agevolazione all’uscita, come già illustrato in precedenti articoli di questa Newsletter, potrebbe derivare dall’utilizzo ai fini pensionistici del montante accumulato nel fondo pensione. Il tema dello sviluppo delle adesioni ai fondi pensione è ben presente a tutti i partecipanti al confronto. Si tratterebbe, allora, di consentire una ulteriore flessibilità in uscita a quanti abbiano complessivamente, tra primo e secondo pilastro, una pensione di importo sufficiente. Così, con la prospettiva di poter anticipare il pensionamento, si conseguirebbe anche l’obiettivo di diffondere le adesioni ai fondi pensione nella prospettiva di impiegare una parte del montante per la prestazione in rendita.
Da ultimo e più in generale, potrebbero essere riprese le sperimentazioni passate del 2016 di part-time in uscita. Attraverso l’adattamento e la stabilizzazione delle norme in materia di agevolazioni al part-time in uscita – e ferme restando le regole per l’isopensione e gli scivoli – si potrebbe valorizzare il ruolo dei lavoratori anziani consentendo loro di ridurre negli ultimi anni l’orario di lavoro, in modo da favorire anche in una sorta di age management la formazione dei giovani che, entrando in azienda, gradatamente lo sostituiscono, con forme di tutoraggio che agevolino la flessibilità in uscita.
L’auspicio è che la mancanza di una chiara visione dell’assetto strutturale del futuro delle pensioni derivante dalla necessità di chiudere la legge di bilancio in tempi stretti, sia presto sostituita da una riforma organica che – con il contributo di Governo e Parti sociali – coniughi la necessaria flessibilità alla stabilità delle soluzioni proposte, incentivando anche le adesioni alla previdenza complementare.