Il tema del salario nel nostro Paese è ormai divenuto una questione da affrontare in termini emergenziali.
E’ di un paio di mesi fa, infatti, la notizia riportata da uno dei principali quotidiani economici nazionali riguardante il ridotto potere d’acquisto del denaro, dovuto in primis al forte aumento dell’inflazione, arrivata al 12,8% su base annua secondo le stime riportate dall’Istat.
A questo elemento, comune in realtà a tutte le economie europee, si aggiunge per l’Italia un fattore del tutto particolare e fortemente preoccupante per la sua dimensione: nel nostro Paese i salari sono praticamente bloccati da oltre 30 anni. Rispetto al 1990, l’Italia risulta essere l’unico Paese in cui i salari sono addirittura diminuiti del 2,9%, a fronte di incrementi corposi registrati nelle altre economie dei Paesi europei.
Come organizzazione sindacale non possiamo che essere fortemente preoccupati per questo trend negativo, che colpisce in misura ancora più grave il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto agricolo, peraltro già piuttosto limitato. Per questo siamo in prima linea nella ricerca di soluzioni che possano fornire risposte concrete e determinare un cambiamento e siamo assolutamente convinti che il contrasto alla precarietà ed allo sfruttamento siano i primi elementi su cui basare una politica di recupero del gap salariale.
Uno degli elementi fondamentali attraverso cui passa la lotta al lavoro povero in agricoltura è l’applicazione concreta della Legge 199 del 2016, in particolare relativamente alla creazione delle Sezioni territoriali della Rete del Lavoro Agricolo di Qualità̀, attraverso le quali da un lato è possibile combattere lo sfruttamento ed il caporalato, dall’altro si determina un miglioramento delle condizioni salariali grazie all’applicazione dei contratti nazionali e provinciali.
Accanto a questo, rivendichiamo con forza l’assoluta contrarietà nei confronti dell’estensione generalizzata dei voucher in agricoltura. Non è deregolamentando il mercato del lavoro che si aprono nuove prospettive di impiego nel settore: la verità è che non si trovano lavoratori in questo comparto perché sono pagati poco e male e l’introduzione del “lavoro subordinato occasionale a tempo determinato” attraverso l’emendamento inserito nella legge ci lascia molto perplessi.
Nelle pieghe della semplificazione per le aziende, infatti, potrebbero aprirsi ulteriori spazi per lo sfruttamento ed il caporalato, mali assoluti non solo per i lavoratori ma anche per le tante imprese sane che operano nel settore.