La crescita della popolazione mondiale dovrebbe stabilizzarsi su un valore di poco superiore a 10 miliardi di persone a partire dal 2060. Ciò pone sfide importanti relativamente alla disponibilità globale di alimenti, energia e acqua. L’agricoltura, in particolare, è il settore produttivo con il maggiore consumo idrico, pari a circa il 70% del totale. Al fine di soddisfare le esigenze globali di proteine animali, l’acquacoltura è uno dei comparti in più rapida crescita del settore primario. Tuttavia, l’acquacoltura richiede elevati volumi di acqua e influisce notevolmente sulla quantità e sulla qualità delle risorse idriche. Infatti, se da un lato gli effluenti dell’acquacoltura scaricati senza trattamento in corpi idrici superficiali e/o acque costiere adiacenti agli allevamenti hanno un rilevante impatto ambientale in termini di rilascio di inquinanti con aumento dell’eutrofizzazione e delle fioriture algali, dall’altro lato, il loro trattamento con sistemi di depurazione tradizionale richiede elevati input energetici. Per ovviare a tali problematiche sono state proposte differenti soluzioni. Tra queste, l’acquaponica risulta di particolare interesse per l’elevato valore aggiunto derivante dal contemporaneo incremento di reddito aziendale, dalla riduzione indiretta delle emissioni di gas serra, a seguito di una minore richiesta di fertilizzanti di sintesi, e dall’assorbimento di inquinanti presenti nelle acque.
L’integrazione di acquacoltura e coltivazione idroponica all’interno di un sistema circolare (acquaponica), caratterizzato dal riciclo pressoché completo di nutrienti, rappresenta una delle vie possibili per ovviare ai problemi sopra riportati. Gli impianti di acquaponica sono dotati di elevata plasticità realizzativa rendendo questa tecnica applicabile in contesti socio-economici molto differenti. Le componenti fondamentali di un sistema di acquaponica sono: la vasca di allevamento dei pesci, il biofiltro e la coltivazione idroponica (Figura 1).
Figura 1. Schema delle componenti fondamentali di un sistema di acquaponica
L’acqua della vasca in cui vengono allevati i pesci passa ad un biofiltro, che realizza la riduzione dei solidi sospesi e la nitrificazione dell’ammoniaca prodotta dal metabolismo dei pesci, e viene successivamente impiegata come soluzione nutritiva nella componente di idroponica. All’uscita dalla coltivazione idroponica, l’acqua depurata dei nutrienti viene reimmessa nella vasca di allevamento dei pesci. In alcuni casi il filtraggio può essere diviso in due fasi: una prima fase di sedimentazione per la riduzione dei solidi sospesi e una seconda fase di bio-filtraggio per la nitrificazione. I sistemi di idroponica comunemente impiegati in acquaponica sono: idroponica con substrato (es. perlite, argilla espansa, ghiaia), NFT (Nutrient Film Technique) e idroponica con supporti galleggianti. Nel caso di idroponica con substrato, la sezione di idroponica può svolgere anche la funzione del biofiltro permettendo così la realizzazione di un sistema composto solamente da due componenti, pesci e orticole.
Il rapporto ottimale tra carico di pesce e superficie di coltivazione idroponica per bilanciare la quantità di nutrienti escreti dal metabolismo dei pesci con la quantità asportata dagli ortaggi va identificato caso per caso, dipendendo sia dalla componente animale (specie, età e taglia del pesce, densità di allevamento, composizione e quantità del mangime fornito nella vasca di acquacoltura) che dalla componente vegetale (specie di ortaggio, densità di coltivazione). In via generale, un apporto di mangime variabile da 60 a 100 g d-1 per m2 di superficie idroponica è stato riportato come valore ottimale nel caso si coltivino ortaggi da foglia (es. lattuga) su supporti galleggianti.
L’acquaponica può essere considerata un sistema di produzione agricola sostenibile secondo la definizione fornita da Lehman e coll. (1993), che definisce l’agricoltura sostenibile come un processo che non esaurisce tutte le risorse non rinnovabili che sono essenziali per sostenere le pratiche agricole. Francis e coll. (2003) aggiunsero che la produzione agricola sostenibile può essere ottenuta simulando ecosistemi naturali e progettando sistemi con un ciclo chiuso dei nutrienti, come di fatto avviene nell’acquaponica. Il trasferimento dei minerali dall’acquacoltura all’idroponica supporta il riciclo efficiente dei nutrienti, mentre il ricircolo dell’acqua riduce la quantità impiegata aumentandone l’efficienza d’uso. Per comprendere bene i vantaggi ambientali dell’acquaponica, è opportuno ricordare che i sistemi idroponici intensivi richiedono una considerevole quantità di macro e micronutrienti di origine industriale e/o mineraria determinando quindi indirettamente un elevato consumo di energia (per la produzione e il trasporto) e l’impiego di risorse non rinnovabili (fosforo, petrolio, ecc.). D’altro canto, i sistemi di acquacoltura senza riciclo necessitano di ricambi d’acqua intermittenti che determinano picchi di rilascio di acqua e nutrienti, elevato consumo idrico e possibile inquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei. I ricambi d’acqua tipici dell’acquacoltura tradizionale non sono necessari nei sistemi di acquaponica con benefico effetto sul risparmio della risorsa idrica. Va però anche considerato che l’acquaponica, insieme ai vantaggi sopra descritti, ha alcuni punti deboli che devono essere affrontati per permettere una diffusione di questa tecnica su scala commerciale. Tra questi, andrà ottimizzata la gestione energetica dei sistemi e dovranno formarsi figure tecniche in grado di gestire contemporaneamente nel loro insieme i differenti settori e organismi dell’impianto (pesci, microrganismi del biofiltro e ortaggi).