“Nessun uomo dovrebbe essere proprietà di un altro.” Questa frase, che potrebbe sembrare moderna, è in realtà antica di millenni. La pronunciò Solone**, il legislatore ateniese, quando decise di abolire la schiavitù per debiti. Era il VI secolo a.C., ma il suo grido di giustizia attraversa il tempo e arriva fino a noi.
Nel cuore della democrazia nascente, Solone comprese che la libertà non poteva essere subordinata al denaro. Con la Seisàchtheia — il “sollevamento dei pesi” — restituì dignità a chi l’aveva persa, spezzando le catene invisibili che legavano i cittadini al debito. Fu una rivoluzione morale prima ancora che giuridica.
Ma oggi, quel peso è tornato. Non si chiama più debito, ma fame, guerra, sfruttamento, tratta. E chi cerca di scrollarselo di dosso, spesso muore.
Il 13 agosto 2025, al largo di Lampedusa, una barca carica di vite e speranze si è capovolta. Decine di persone sono morte annegate, cercando di fuggire da oppressioni che non hanno nome ma hanno conseguenze letali. Fuggivano dalla schiavitù moderna, da un destino che nega il diritto alla libertà e alla dignità. I loro corpi, recuperati o dispersi, sono il simbolo di una tragedia che non può essere ignorata.
Queste morti non sono incidenti. Sono il frutto di un sistema che respinge, che chiude le frontiere, che criminalizza chi tende la mano. Sono la conseguenza diretta della schiavitù: non solo quella economica, ma quella morale, quella politica, quella dell’indifferenza.
Solone ci aveva avvertiti. La libertà non è un privilegio da concedere, ma un diritto da garantire. E oggi, come allora, serve il coraggio di spezzare le catene, anche quelle invisibili. Serve una nuova Seisàchtheia, capace di liberare non solo i corpi, ma anche le coscienze.
Le nuove catene: quando il debito ti soffoca ancora oggi
Potrebbe sembrare storia antica, ma la visione di Solone di una società più giusta, con i diritti fondamentali tutelati, è oggi un grido inascoltato. La schiavitù, purtroppo, non è scomparsa; ha solo cambiato abito. Ecco alcune delle “nuove schiavitù” che ci legano:
- Lavoro forzato e sfruttamento: migranti e lavoratori vulnerabili, strozzati da debiti contratti per il viaggio o per ottenere un impiego, finiscono in condizioni di sfruttamento disumane, intrappolati in un circolo vizioso di bassi salari e orari massacranti.
- Microcredito e usura: nei paesi in via di sviluppo (e non solo), tassi di interesse esorbitanti rendono il rimborso impossibile, condannando intere famiglie alla povertà. E anche nei paesi ricchi, il sovraindebitamento può far perdere tutto, persino la casa.
- Debito studentesco: in alcune nazioni, il costo insostenibile dell’università genera debiti che ipotecano il futuro dei giovani laureati per decenni, limitando le loro opportunità e la loro libertà di scelta.
- Debito agricolo: piccoli agricoltori, spesso in paesi in via di sviluppo, si indebitano per sementi e attrezzature. Un raccolto andato male può significare la perdita della terra e di ogni mezzo di sussistenza.
- Tratta di esseri umani: un orrore contemporaneo dove il “debito” è lo strumento più vile per controllare e schiavizzare le vittime.
- Dumping sociale: salari e condizioni di lavoro indecenti, spesso al di sotto degli standard legali, costringono i lavoratori a una vita di precarietà e sottomissione economica.
- Transportation Burden (Il peso dei trasporti): una “Seisàchtheia” tutta italiana. La disparità dei costi di trasporto tra Sud e Nord Italia non è solo una questione economica, ma un vero e proprio “peso da scrollare” che limita la libertà di movimento, le opportunità di lavoro, studio e persino l’accesso alle cure, creando un divario sempre più profondo.
- Il peso del dissesto idrogeologico e della cattiva gestione delle risorse idriche: un’eredità tossica per le future generazioni. Urbanizzazione selvaggia, deforestazione, fiumi cementificati, spreco d’acqua e inquinamento sono un fardello che compromette la qualità della vita e la sicurezza dei nostri figli. È una “Seisàchtheia” ambientale che ci condanna a un futuro di fragilità e rischio.
Per tornare ai nostri giorni, la tragedia di Lampedusa non è un episodio isolato. È il riflesso di un mondo che ha smarrito il senso della giustizia. È il Mediterraneo che si trasforma in un cimitero, mentre l’Europa discute di quote e confini. È la schiavitù che uccide anche quando non si chiama più così.
E allora, se Solone ci aveva avvertiti, tocca a noi ascoltarlo. Tocca a noi decidere se vogliamo essere complici o eredi. Perché la libertà, quella vera, non si misura con i confini, ma con il coraggio di difenderla.
*Questi, tra gli altri, sono alcuni degli argomenti che vengono sviluppati ed approfonditi da Fondazione Enpaia durante il corso di formazione per giornalisti sulla Tutela dei diritti del lavoro in agricoltura. Il prossimo corso si terrà a Cagliari il 25 settembre, organizzato da ODG della Sardegna e Associazione della Stampa Sarda – FNSI. Partecipano all’evento gli iscritti UNARGA, associazione di specialità aderente alla Federazione Nazionale della Stampa.
** Solone di Atene è uno dei sette sapienti dell’antica Grecia insieme a: Talete di Mileto: considerato il primo filosofo della storia occidentale, famoso per le sue osservazioni astronomiche e matematiche. Biante di Priene: noto per la sua saggezza e integrità morale, spesso citato per la sua massima “La maggior parte degli uomini sono malvagi”. Pittaco di Mitilene: politico e legislatore di Mitilene, considerato un uomo giusto e saggio. Chilone di Sparta: eforo di Sparta, famoso per la sua austerità e il suo laconismo. Cleobulo di Lindo: tiranno di Lindo, ricordato per la sua giustizia e prudenza. Periandro di Corinto: tiranno di Corinto, considerato un uomo colto e saggio, ma anche controverso per il suo comportamento autoritario.

